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+ Dal Vangelo secondo Giovanni 2,13-24

 

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”. I discepoli si ricordarono che sta scritto: ‘‘Lo zelo per la tua casa mi divora’’.

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua , durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo

Proviamo ad immaginarci la scena, ci troviamo nel recinto del Tempio: tra buoi, pecore e colombe, la materia prima per il culto. Soprattutto in occasione delle grandi feste era necessario avere a disposizione una certa quantità di animali per i sacrifici prescritti. A dir la verità il mercato dentro il Tempio era stato voluto non molto tempo prima da Caifa per far concorrenza a quello gestito dal Sinedrio, situato fuori, lungo il Cedron; ma si sa gli affari sono affari e poi vuoi mettere è così vicino, è così comodo…

Soldi che girano, anche la questione monetaria aveva a che fare con il culto: le offerte al tempio erano effettuate con una moneta speciale, che andava comprata da appositi cambiavalute.

L'opportunità di guadagno per i sacerdoti, e anche per i rivenditori, è evidente.

Soprattutto i banchi del cambio potevano fare affari da capogiro.

 

L'aspetto utilitaristico - commerciale è ben presente e quasi mette in secondo piano l’aspetto religioso della festa. Non ci vuol molto per rendersi conto che il clima religioso-spirituale del Tempio si è irrimediabilmente guastato.

D'altra parte era la Legge stessa a prescrivere i vari sacrifici da eseguire.

Non permettere ai venditori l'accesso al tempio, equivaleva a paralizzare in maniera significativa le attività del tempio.

 

“Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi”

Il gesto di Gesù non è un attacco d'ira, neppure un gesto dettato dalla violenza, ma è un gesto profetico. Negli antichi profeti alcuni gesti simbolici erano compiuti per rafforzare il messaggio comunicato verbalmente, oppure per esprimere contenuti non riducibili alle sole parole.

 

“non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”

Le sue parole ci orientano a comprenderne il significato. Solo il rapporto con il Padre abilita Gesù a compiere un gesto forte e duro come questo.

Il legame è molto profondo. Gesù sente forte il legame con il Padre, e vorrebbe che il Tempio fosse il luogo visibile della comunione di tutti gli uomini con il Padre.

Ma l'immagine di Dio che Gesù incontra negli spazi intasati dai venditori e dai cambiavalute non è quella del Padre, ma del Padrone.

Colui che esige una prestazione per cui bisogna pagare.

E poi quella moltitudine di approfittatori: facendosi scudo con tale idea di religione dilapidavano coloro che davvero desideravano essere in comunione con il Signore.

 

Mi fermo e considero l’ovvio: quanto ormai si sia ampiamente infiltrata nella nostra vita la mentalità consumistica. Il nostro modo più abituale di risolvere i problemi è spesso di decidere: "compro questo" o "compro quello", finché ci sono i soldi.

Ovviamente i soldi non ci bastano mai.

Sappiamo che esistono cose che non si possono comprare, ma resta una consapevolezza teorica, che lascia ben presto spazio libero alla corsa all'acquisto, all’avere.

Ma il gesto di Gesù ci riporta con forza alla verità: il rapporto con Dio è una di quelle cose che non si possono mercificare. La tentazione di farlo è vivissima da secoli, addirittura da millenni. Basta intendere i gesti di culto, le preghiere, i pellegrinaggi, come altrettanti "gettoni", che danno diritto a determinate "prestazioni", avvicinarsi poi a certi “santuari” può darci una certa idea di che cosa fosse il Tempio di Gerusalemme in quanto a commercio.

E continua da sempre nell’uomo a farsi sentire quella voce che con parole più o meno diverse insinua lo stesso messaggio: “vado a Messa, mi comporto bene, partecipo alla Via Crucis, qualche soldo... e sono a posto con Dio, e lui mi protegge”.

 

“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”

Il tempio di Gerusalemme era il luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Eppure i profeti hanno insistito incessantemente che non basta accedere al tempio e offrirvi sacrifici per essere graditi a Dio (vedi Is 1, 10-17; Ger 7, 1-28; Am 4, 4-5; 5, 21-27).

Dio richiede l'obbedienza e una vita moralmente retta e giusta.

Se il culto esteriore non esprime tale atteggiamento vitale è un culto vuoto.

Gesù si innesta in questa tradizione profetica di purificazione del culto e pertanto presenta un rapporto con Dio completamente diverso.

Per Gesù Dio è Padre.

Tra il Figlio e il Padre esiste una relazione di amore, libera da contrattazioni di tipo commerciale.

Il segno massimo della libertà di questo rapporto è la croce, in cui Gesù si mostra come colui che, pur essendo innocente, si fa carico del peccato di altri. Il rapporto con Dio d’ora in poi si giocherà quindi sulla gratuità.

La liberazione dalla mentalità di tipo contrattuale non è un fatto indolore: si tratta di attuare una conversione radicale. Il Tempio è insufficiente, e insufficienti sono gli antichi sacrifici.

 

“egli parlava del tempio del suo corpo"

E’ finito il tempo dei recinti, degli spazi sacri, dei luoghi appropriati per incontrarsi con Dio, è finito il tempo della precarietà: il tempio può crollare, il recinto può essere tolto di mezzo, i luoghi sacri possono essere profanati.

E’ arrivato il tempo in cui il culto a Dio è divenuto stabile e definitivo.

"Distruggete questo tempio - ed egli parlava del tempio del suo corpo": la persona di Gesù diventa il nuovo tempio, dove è possibile una nuova preghiera, un sacrificio autentico, un'autentica relazione col Padre. Nel contesto della vera Pasqua (Cristo che risorgendo ristabilisce la priorità della volontà di Dio: la vita umana su tutto) noi possiamo capire Dio ed entrare in relazione autentica con Lui.

Non dipenderà mai più dal luogo o dal tempo, in Gesù che ha reso sacra la vita di ogni uomo, noi scopriamo che è il nostro corpo, la nostra vita, ogni nostro tempo ad essere sacri e quindi capaci di parlarci di Dio, capaci di metterci in relazione autentica con Dio.

Ma praticando un nuovo tipo di rapporto con Dio, Gesù va a cozzare contro lo sfruttamento interessato della religione, è questo che provoca la sua morte. Paradossalmente, proprio accettando la morte, Gesù si fa carico della debolezza e della povertà dell'uomo, incapace di autentico rapporto con Dio; Gesù accetta di subire nella sua carne le conseguenze dell'inaridimento della relazione con Dio, perché avvenga la risurrezione ad una situazione nuova.

 

La gratuità come contesto in cui operiamo la giustizia, la solidarietà, la ricerca del bene per ciascuno, la pace: questo è il culto gradito a Dio, il culto “stabile” che ha in Gesù il riferimento definitivo.

 

Cambiare la nostra mentalità su “sacro” e “profano”; capire che il nostro e altrui corpo (finora non tanto considerato) è l’unico tempio e l’unica realtà sacra a cui possiamo far riferimento; comprendere che il culto al corpo di Gesù passa per il culto dato a lui attraverso l’impegno responsabile e gratuito per la giustizia…

tutti questi speriamo possano essere i frutti maturi del nostro serio cammino di fede.