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+ Dal Vangelo
secondo Giovanni 2,13-24 Si avvicinava Allora
i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare
queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre
giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è
stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”.
Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Proviamo ad immaginarci la scena, ci troviamo nel
recinto del Tempio: tra buoi, pecore e colombe, la materia prima per il culto.
Soprattutto in occasione delle grandi feste era necessario avere a disposizione
una certa quantità di animali per i sacrifici prescritti. A dir la verità il
mercato dentro il Tempio era stato voluto non molto tempo prima da Caifa per far
concorrenza a quello gestito dal Sinedrio, situato fuori, lungo il Cedron; ma si
sa gli affari sono affari e poi vuoi mettere è così vicino, è così comodo…
Soldi che girano, anche la questione monetaria aveva a che fare con il
culto: le offerte al tempio erano effettuate con una moneta speciale, che andava
comprata da appositi cambiavalute. L'opportunità di guadagno per i sacerdoti, e anche
per i rivenditori, è evidente. Soprattutto i banchi del cambio potevano fare
affari da capogiro. L'aspetto utilitaristico - commerciale è ben
presente e quasi mette in secondo piano l’aspetto religioso della festa. Non
ci vuol molto per rendersi conto che il clima religioso-spirituale del Tempio si
è irrimediabilmente guastato. D'altra parte era Non permettere ai venditori
l'accesso al tempio, equivaleva a paralizzare in maniera significativa le
attività del tempio. “Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò
tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei
cambiavalute e ne rovesciò i banchi” Il gesto di Gesù non è un attacco d'ira, neppure
un gesto dettato dalla violenza, ma è un gesto profetico. Negli antichi profeti
alcuni gesti simbolici erano compiuti per rafforzare il messaggio comunicato
verbalmente, oppure per esprimere contenuti non riducibili alle sole parole. “non
fate della casa del Padre mio un luogo di mercato” Le sue parole ci orientano a comprenderne il
significato. Solo il rapporto con il Padre abilita Gesù a compiere un gesto
forte e duro come questo. Il legame è molto profondo. Gesù sente forte il
legame con il Padre, e vorrebbe che il Tempio fosse il luogo visibile della
comunione di tutti gli uomini con il Padre. Ma l'immagine di Dio che Gesù incontra negli spazi
intasati dai venditori e dai cambiavalute non è quella del Padre, ma del
Padrone. Colui che esige una prestazione per cui bisogna
pagare. E poi quella moltitudine di approfittatori:
facendosi scudo con tale idea di religione dilapidavano coloro che davvero
desideravano essere in comunione con il Signore. Mi fermo e considero l’ovvio: quanto ormai si sia
ampiamente infiltrata nella nostra vita la mentalità consumistica. Il nostro
modo più abituale di risolvere i problemi è spesso di decidere: "compro
questo" o "compro quello", finché ci sono i soldi. Ovviamente i soldi non ci bastano mai. Sappiamo che esistono cose che non si possono
comprare, ma resta una consapevolezza teorica, che lascia ben presto spazio
libero alla corsa all'acquisto, all’avere. Ma il gesto di Gesù ci riporta con forza alla
verità: il rapporto con Dio è una di quelle cose che non si possono
mercificare. La tentazione di farlo è vivissima da secoli, addirittura da
millenni. Basta intendere i gesti di culto, le preghiere, i pellegrinaggi, come
altrettanti "gettoni", che danno diritto a determinate
"prestazioni", avvicinarsi poi a certi “santuari” può darci una
certa idea di che cosa fosse il Tempio di Gerusalemme in quanto a commercio. E continua da sempre nell’uomo a farsi sentire
quella voce che con parole più o meno diverse insinua lo stesso messaggio:
“vado a Messa, mi comporto bene, partecipo alla Via Crucis, qualche soldo... e
sono a posto con Dio, e lui mi protegge”. “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò
risorgere” Il tempio di Gerusalemme era
il luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Eppure i profeti hanno
insistito incessantemente che non basta accedere al tempio e offrirvi sacrifici
per essere graditi a Dio (vedi Is 1, 10-17; Ger
7, 1-28; Am 4, 4-5; 5, 21-27). Dio richiede l'obbedienza e
una vita moralmente retta e giusta. Se il culto esteriore non
esprime tale atteggiamento vitale è un culto vuoto. Gesù si innesta in questa
tradizione profetica di purificazione del culto e pertanto presenta un rapporto
con Dio completamente diverso. Per Gesù Dio è Padre.
Tra il Figlio e il Padre
esiste una relazione di amore, libera da contrattazioni di tipo commerciale. Il segno massimo della libertà
di questo rapporto è la croce, in cui Gesù si mostra come colui che, pur
essendo innocente, si fa carico del peccato di altri. Il rapporto con Dio
d’ora in poi si giocherà quindi sulla gratuità. La liberazione dalla mentalità
di tipo contrattuale non è un fatto indolore: si tratta di attuare una
conversione radicale. Il Tempio è insufficiente, e insufficienti sono gli
antichi sacrifici. “egli parlava del tempio del suo corpo" E’ finito il tempo dei
recinti, degli spazi sacri, dei luoghi appropriati per incontrarsi con Dio, è
finito il tempo della precarietà: il tempio può crollare, il recinto può
essere tolto di mezzo, i luoghi sacri possono essere profanati. E’ arrivato il tempo in cui
il culto a Dio è divenuto stabile e definitivo. "Distruggete
questo tempio - ed egli parlava del tempio del suo corpo":
la persona di Gesù diventa il nuovo tempio, dove è possibile una nuova
preghiera, un sacrificio autentico, un'autentica relazione col Padre. Nel
contesto della vera Pasqua (Cristo che risorgendo ristabilisce la priorità
della volontà di Dio: la vita umana su tutto) noi possiamo capire Dio ed
entrare in relazione autentica con Lui. Non dipenderà mai più dal
luogo o dal tempo, in Gesù che ha reso sacra la vita di ogni uomo, noi
scopriamo che è il nostro corpo, la nostra vita, ogni nostro
tempo ad essere sacri e quindi capaci di parlarci di Dio, capaci di metterci in
relazione autentica con Dio. Ma praticando un nuovo tipo
di rapporto con Dio, Gesù va a cozzare contro lo sfruttamento interessato della
religione, è questo che provoca la sua morte. Paradossalmente, proprio
accettando la morte, Gesù si fa carico della debolezza e della povertà
dell'uomo, incapace di autentico rapporto con Dio; Gesù accetta di subire nella
sua carne le conseguenze dell'inaridimento della relazione con Dio, perché
avvenga la risurrezione ad una situazione nuova. La gratuità come contesto in
cui operiamo la giustizia, la solidarietà, la ricerca del bene per ciascuno, la
pace: questo è il culto gradito a Dio, il culto “stabile” che ha in Gesù
il riferimento definitivo. Cambiare la nostra mentalità
su “sacro” e “profano”; capire che il nostro e altrui corpo (finora non
tanto considerato) è l’unico tempio e l’unica realtà sacra a cui possiamo
far riferimento; comprendere che il culto al corpo di Gesù passa per il culto
dato a lui attraverso l’impegno responsabile e gratuito per la giustizia… tutti questi speriamo possano
essere i frutti maturi del nostro serio cammino di fede. |