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Dal libro del profeta Isaia  (58,7-10)

 

Così dice il Signore:

“Spezza il tuo pane con l’affamato,
introduci in casa i miseri, senza tetto,
vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente.

Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.

Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà;

implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!

Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,

se offrirai il pane all’affamato,

se sazierai chi è digiuno,

allora brillerà fra le tenebre la tua luce,

la tua oscurità sarà come il meriggio”.

+ Dal Vangelo secondo Matteo  (5,13-16)

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

Quali sono le opere buone che potrebbero portare gli uomini a rendere gloria a Dio?

Guardandomi in giro (e pure dentro di me) mi rendo conto che in alcune situazioni facciamo dipendere la bontà delle nostre opere dall'apprezzamento degli altri.

In altre circostanze, al contrario, riteniamo davvero buone soltanto quelle opere "controcorrente" che non si preoccupano dell'opinione altrui.

 

Il primo caso è certo più diffuso: lo sperimentiamo pressoché ogni giorno, quando vediamo giustificare certe comportamenti con il facile: "così fanno tutti"....(è davvero difficile oggi dire o fare qualcosa di “nostro”, che parli di noi).

Il secondo caso è invece più raro nella pratica quotidiana, anche se risulta più frequente nella nostra predicazione ecclesiastica dove si sprecano gli appelli ad andare "controcorrente", perseguendo uno stile di vita "alternativo".

 

Quali saranno queste opere buone di cui parla matteo?

La sincerità, l’onestà, la coerenza, la credibilità, la frequenza a riti o a pratiche devozionali, la povertà evangelica?

Queste sono tutte cose buone, che possono destare ammirazione, ma anche disagio e rifiuto.

Sono cose che ci mettono in luce, ma che non portano necessariamente a rendere gloria a Dio.

 

Una persona perfetta, mi da anche fastidio, perché la sua semplice esistenza mi fa sentire giudicato e scadente; quindi ho tendenza ad evitarla, pur ammirandola, e mi suscita la domanda: "Perché Dio mi ha creato cosi diverso? Dov'è la sua giustizia?".

 

In realtà un'opera buona è tale soltanto quando sappiamo riconoscerne il limite: e dunque soltanto quando rinunciamo a pensare che sia essa  (l'opera buona) a salvare la nostra vita.

Appunto questo è il significato della raccomandazione di Gesù ai suoi discepoli: l’azione faccia assaporare qualcosa della salvezza, della liberazione, della misericordia di Dio.

La mia vita sarà luce e sale se parlerà di Dio, e il meno possibile di me che sono contemporaneamente tramite e intralcio.

Buona è l’opera se fa del bene promovendo la dignità di chi ho davanti e se è un gesto significativo (che da significato e dignità) a me che la compio, se mi mette in relazione fraterna con l’altro.

 

Fare opere buone, dunque, non significa raggiungere un'impossibile perfezione, magari assecondando le richieste della maggioranza; né tanto meno significa dare il buon esempio, vagheggiando un improbabile mondo "alternativo".

 

Allora entro dentro di me e penso che l’ unica opera che posso compiere, affinché qualcuno renda gloria a Dio, è fare spazio alla Parola, raccontando la mia fede in ciò che ha fatto e fa', raccontando della misericordia di Gesù e del suo sogno di pace, giustizia e solidarietà, mettendo a parte anche altri del dono ricevuto.

Rischierò di non essere ascoltato o di essere deriso, ma non darò fastidio e non susciterò un rifiuto.

 

(…un po’ come se mi metto a guardare un quadro in un museo, quel quadro susciterà interesse, e altri si fermeranno a guardarlo. La gente non guarderà a me che guardo il quadro, ma vedendomi, avrà voglia di guardare il quadro e, senza neanche accorgersi che io esisto, renderà il giusto tributo al quadro!)

 

Chi mi ha portato a guardare a Dio sono le persone che hanno speso  (spendono) la loro vita facendo il bene operando giustizia e misericordia, persone che leggono la Sua presenza misericordiosa e giusta nelle pieghe della quotidianità, persone che aprendo il mio cuore alla speranza mi fanno credere e quasi toccare con mano nella vita concreta la presenza grande e onnipotente del Suo amore.

 

Chi si crede migliore perché cristiano urta le coscienze.

Chi si ritiene fortunato perché crede e legge una speranza nella storia che vive, suscita una salutare invidia.

 

"Spezza il tuo pane con l'affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è nudo, la tua luce sorgerà come l'aurora".

Questa è la strada della vita per tutti; questa è l'opera che ci è davanti oggi e che oggi più che mai vogliamo compiere.

Chiamati a togliere l'oppressione, l'ingiustizia, chiamati a lavorare per la pace e la dignità di ogni persona; chiamati ad impegnarci per togliere la fame, le malattie, gli sfruttamenti… non perché bravi ma perché raggiunti dalla Sua misericordia e dalla Sua luce.

"Allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio".

 

”.. ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini

Anche nel nostro piccolo, a volte può capitare che il cristiano praticante sia il primo a litigare in condominio, a sparlare o a giudicare il prossimo, commentando acidamente e senza misericordia l’operato altrui, non aderire alle proposte positive che vengono da altri. Senza parlare delle grandi sfide che l’economia, la politica e la tecnica pongono già da tempo alla nostra capacità di dare sapore a questa umanità…

 

Sale e luce nulla che parli di potenza, di “contare e contarci”.

Dare gusto e sparire, essere luce perché si veda all’intorno.

Troppo sale disturba e troppa luce acceca; di sale solo il giusto per dare sapore e di luce il necessario per far vedere.

Disposti ad essere “minoranza”, a non essere considerati per i titoli, per la convenienza sociale o per la forza.

Non preoccupati di essere riconosciuti ma preoccupati che le persone intorno a noi camminino, crescano, che la vita di chi ci sta attorno a noi sia più bella..…

Il Vangelo ancora una volta ci parla con verità: il nostro agire illumina, da sapore alla vita che ci circonda: questa è una realtà!

Ci fa bene saperlo per non buttarci giù, per dare il giusto senso al nostro vivere, per non farci giocare dallo sconforto in tanti momenti difficili, per continuare a ricevere e a dare, sapore e luce a questa nostra vita di fratelli.