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+ Dal Vangelo secondo Giovanni  18,33-37

 

28Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l`alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29 Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest`uomo?". 30 Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l`avremmo consegnato". 31 Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a morte nessuno". 32 Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire. 33 Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?". 34 Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l`hanno detto sul mio conto?". 35 Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?". 36 Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù". 37 Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". 38 Gli dice Pilato: "Che cos`è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa. 39 Vi è tra voi l`usanza che io vi liberi uno per la Pasqua : volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?". 40 Allora essi gridarono di nuovo: "Non costui, ma Barabba!". Barabba era un brigante.

Questi pochi versetti ci aiutano ad entrare ancor più profondamente nel racconto della Passione (per coglierne maggiormente il significato forse però sarebbe opportuno poter leggere i capitoli 18 e 19 del vangelo di Giovanni). Il brano, compreso fra i vv. 28–40, racconta il processo di Gesù davanti al governatore. Dopo una notte di interrogatori, di percosse, di scherni e tradimenti, Gesù è consegnato al potere romano ed è condannato a morte, ma proprio in questa morte Egli si rivela re e Signore, colui che è venuto a dare la vita, giusto per noi ingiusti, innocente per noi peccatori.

 

 

 

vv.33-34: Pilato torna dentro il pretorio e inizia l'interrogatorio a Gesù, rivolgendogli la prima domanda: "Tu sei il re dei Giudei?". Gesù non risponde subito direttamente, con una contro domanda costringe Pilato a fare chiarezza sul suo modo di procedere: “sei preoccupato di me e vuoi conoscermi o ti fai condurre dalle paure altrui e dalle tue paure?”. Mette così in luce l’arbitrarietà del comportamento del governatore romano.

Inoltre Gesù in qualche modo obbliga Pilato a considerare ciò che significa la regalità da lui affibbiatagli per scherno, lo fa andare in profondità. Re dei Giudei significa Messia ed è in quanto Messia che Gesù viene giudicato e condannato.

 

v.35: Pilato sembra rispondere con disprezzo nei confronti dei Giudei i quali appaiono chiaramente come accusatori di Gesù, i sommi sacerdoti e il popolo, ognuno con la sua responsabilità, come si legge già nel prologo (Gv 1, 11).

Poi segue la seconda domanda di Pilato a Gesù: "Che cosa hai fatto?", ma non avrà risposta. Il lettore sa bene cosa “ha fatto” Gesù, i segni e le opere che lui ha compiuto.

 

v.36: Gesù risponde alla prima domanda di Pilato e per tre volte usa l'espressione: "il mio regno". Qui ci è offerta una spiegazione chiara su cosa sia in realtà il regno e la regalità di Gesù: non ha origine in questo mondo né riceve il suo avallo dagli uomini, ma ciò nonostante è nel mondo, nella misura in cui proprio qui e ora si manifesta come re.

 

v.37: L'interrogatorio ritorna sulla domanda iniziale, alla quale Gesù continua a dare risposta affermativa: "Io sono re", ma spiega anche la sua origine e la sua missione: testimone della Verità. In Giovanni Verità è il disegno di salvezza di Dio, la sua rivelazione e compimento in Cristo.

Da qui nasce il nuovo progetto di uomo: “essere dalla verità”, accogliere il progetto salvifico che il Padre ha su ciascuno, facendolo diventare criterio ultimo che orienta l’esistenza. La conoscenza della verità è legata al “rimanere” nella sua parola (8,31) e si è capaci di accogliere la sua parola perché abbiamo Dio come Padre (8,40ss).

Solo chi ritrova la propria origine in Dio o nella verità annunciata da Gesù, può ascoltare (comprendere/accogliere) le parole che il Figlio è venuto a rivelare (8,26).

 

Una festa strana quella di oggi, nata in altri contesti culturali, forse voluta dalla Chiesa per trovare una collocazione nel contesto sociale politico del tempo, forse per diversificarsi da altri regni terreni, forse per legittimarsi o entrare in concorrenza… forse per rivendicare di fronte ai “re di questo mondo” una supremazia, … nell’ambito del potere.

 

In ogni caso è bene ricordarselo: "Il mio regno non è di questo mondo”.

Non è di questo mondo, non è dei potenti per difendere la categoria, non è di un certo ceto sociale per difendere gli interessi di alcuni, dei ricchi, dei padroni, per arricchirsi e mandare i propri soldati a difendere confini e proprietà.

…a volte si sente parlare (parliamo) di una Chiesa, significativa, che si fa rispettare, che viene legittimata, che possa trovare porte aperte, canali preferenziali, che possa contare, che si faccia valere… c’è sempre il rischio di cadere nell’immaginare una Chiesa Potente.

Gesù ci spiazza quando ci consegna il suo Vangelo, quando ci ricorda che per essere fedeli alla nostra missione: “rendere testimonianza alla verità”  basta …una croce di legno.

 

Nella sua passione Gesù svela l’autentica realtà di questo mondo. Mostra cosa c’è dietro il potere di Pilato e di tutti i potenti di questo mondo: paura, vigliaccheria e impotenza.

A tutti i Pilato di questa terra, impigliati nel loro potere, viene data la possibilità di aprire gli occhi e di decidersi a favore della verità. Ma spesso la questione della verità non interessa, preme solo lo stare a galla, preme il potere, la sedia.

Ma proprio votandosi al potere i Pilati di questo mondo cadono in una profonda dipendenza, diventano impotenti marionette della folla, di voleri altrui.

Il mondo, con le sue falsità, li ha in pugno perché si chiudono alla verità.

 

Ciascuno di noi viene posto di fronte alla questione: votarci, come Pilato, alla menzogna di un certo potere o decidersi per la verità, per la vita, per la vera libertà, per il regno autentico, quello che si fonda sulla giustizia e sulla pace.

 

E’ certo, Gesù viene da un altro mondo, un mondo che è precluso a Pilato che vede solo la realtà immediata. Gesù è il vero re, assolutamente libero e padrone di sé.

Su di lui il mondo non ha potere.

Forse vale anche per noi, mistero di una redenzione che si manifesta nella Sua passione e morte. Redenzione che suggerisce un invito a considerare ciascuno di noi un re, una regina: “Ecce homo!” (Gv.19,5).

In Cristo è presente ogni uomo, la passione di Cristo suggerisce che vi sia in noi una dignità e una identità che non si esauriscono in questo mondo.

 

Un invito  a credere che il mondo non ha potere su di noi.

Una nuova dignità che si manifesta proprio nella passione, là dove ci sentiamo impotenti, veniamo oppressi, feriti, abbandonati, traditi.

Esiste, c’è uno spazio in cui nessuno può ferirci.

 

Nessuno può togliermi la mia dignità divina, nemmeno quando io stesso la respingo all’esterno, nemmeno quando divento debole, sono condannato e offeso.

 

Partecipo della Sua regalità: un dono che mi precede, che mi lascia senza parole e che mi indica come unico orizzonte la gratuità.