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Dal Vangelo secondo Marco
8,27-35 In quel tempo, Gesù partì
con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via
interrogava i suoi discepoli dicendo: “Chi dice la gente che io sia?”. Ed essi
gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”.
Ma egli replicò: “E voi chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il
Cristo”. E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. E cominciò a
insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato
dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre
giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo
prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i
discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: “Lungi da me, satana! Perché tu non
pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Convocata la folla insieme ai suoi
discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso,
prenda la sua
croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi
perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà”. Negli anni 70, quando Marco scrive, la situazione delle
comunità non era facile. C'era molto dolore, molte erano le croci. Sei anni
prima, nel Pietro non capisce la proposta di Gesù riguardo alla croce ed alla sofferenza, pur rispondendo correttamente, non comprende il senso delle parole del Maestro. Lui accettava Gesù messia, ma non un messia soffrente, condizionato dalla propaganda del governo dell'epoca che parlava del messia solo in termini di re glorioso. Pietro voleva che Gesù fosse come lui desiderava ed immaginava. Da qui le parole forti di Gesù. Il Vangelo
oggi non domanda un atto di intelligenza
(almeno qui non sono in
vantaggio gli intellettuali e quelli che sanno sempre tutto facile),
il vangelo oggi chiede un atto di amore, amore quello vero, quello che viene dal
cuore, vulnerato e trafitto fino in fondo dalla domanda che vale una vita intera:
Chi sono io per te? Un
passo difficile quello di oggi, tant’è che non tutti gli esegeti sono concordi
nell’interpretazione delle parole di Gesù. Pietro
rimprovera duramente Gesù. Non ci sta,
…come non voglio starci neppure io. Non
desidero veder soffrire chi amo, immaginarsi se sospetto che potrei essere io la
causa della sua sofferenza… non ci sto e mi ribello, come si è ribellato Pietro. Marco
utilizza lo stesso verbo per indicare la reazione di Gesù, è lui ora che sgrida
duramente Pietro: tu pensi secondo gli uomini e non secondo Dio. “Vade
retro satana”
…parole forti, dette con la forza di un amore incondizionato, probabilmente tra
lacrime soffocate; senza
dubbio parole dure, che feriscono, parole di chi ha il cuore gonfio di
commozione e cerca di mettere insieme e di discernere amore e distacco, vita e
morte. Gesù
cerca di far capire a Pietro che alcune prese di decisione apparentemente
orientate al bene e alla vita di fatto non portano a nulla, ed è per questo che
sono fuori dalla volontà di Dio.
Credo
non sia difficile capire Pietro, la sua rabbia e il suo sentirsi offeso, per
Gesù voleva essere tutto fuorché un satana, uno che lo allontana dal bene. Cerco
di rileggere le parole, di riascoltarle anch’o come Pietro …le parole del
Maestro sembrano proprio non aver senso …sì, “vade retro satana”, lo dice anche
a me. E a
Pietro, agli altri presenti e a tutti noi Gesù ripete la serietà della
sua sequela: “Se
qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la
propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà”. Ci
capisco poco e mi faccio aiutare, e da alcuni esegeti una sottolineatura: qui
rinnegare e professare vanno di pari passo.
Rinnegare se stesso: prendere le distanze dai propri interessi, professare non
se stessi, ma Dio che è totalmente diverso dalle nostre rappresentazioni che ci
facciamo di lui. Quante
volte si è usato e si continua ad usare Dio per gonfiare i propri interessi e la
propria immagine di sé. Un
invito forte: se riesco ad oppormi a quell’io che gira soltanto intorno a me
stesso posso essere capace di professare totalmente la fede nel Dio di Gesù. La
croce allora come professione di fede: sullo sfondo il testo di Ezechiele: “Il
Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un
tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che
vi si compiono". Agli
altri disse, in modo che io sentissi: "Seguitelo attraverso la città e colpite!
Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. Vecchi, giovani,
ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi
abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!"
(9,4-6) Il Tau,
la croce, sulla fronte di chi professa la fede nel Signore.
Seguire Gesù significa professare radicalmente la propria fede in Dio che può
donare vita. Il Tau,
la croce, è anche un segno di protezione. Chi lo
porta sulla fronte viene preservato dalla morte. La
croce: segno di professione di fede in Dio, segno di protezione e di vita. Si
comprendono, in questa prospettiva, le parole che seguono: solo chi professa la
propria fede in Dio può guadagnare la propria vita.
Mettere al centro solo i miei bisogni, le mie paure e le mie illusioni
che mi faccio di me stesso e della mia vita, significa perderla.
Seguire Gesù, pur nella prospettiva della croce, rende autentica la mia fede. Là si
decide se sono legato alla mia immagine di me stesso e di Dio, o se mi lascio
coinvolgere dal Dio di Gesù Cristo, unico capace di donarmi la vera vita …non
appena mi lascio alle spalle quella illusoria e superficiale. …ho
scritto ciò che credo, ma mi sono perso, …un pò come Pietro. Ho
detto tra queste righe “Tu sei il Cristo”, ho detto le parole giuste …ma non
vado troppo più in là, faccio ancora tanta fatica, forse come Pietro, a mettere
d’accordo amore e distacco, a discernere vita e morte. |