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Vangelo secondo Marco
1,14-20 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono. Il testo di questa domenica ci
presenta un tipico racconto di vocazione, un genere letterario nel quale
dapprima si indica la condizione di vita della persona interpellata da Dio,
quindi segue la chiamata espressa con parole o azioni simboliche, infine si ha
la sequela che comporta l'abbandono dell'attività inizialmente presentata. La
narrazione in Marco rimanda il pensiero alla chiamata di Eliseo da parte di Elia
(1 Re, 19,19-21) e a quella di Amos (Am 7,15).
La dipendenza da un modello biblico tipico non esclude la realtà
sostanzialmente storica del racconto evangelico. La
chiamata a coppie sottolinea un preciso intento teologico sotteso al vangelo di
marco: si tratta della prassi missionaria dei discepoli che saranno inviati a
due a due (Mc 6,7). La dinamica del regno è in linea con il progetto
originario della creazione quando il Signore disse, pensando ad Adamo: «Non è
bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli sia simile» (Gn
2,18).
Nella predicazione l'uno darà testimonianza all'altro come dice Gesù
comincia a predicare il vangelo Inizia
la sua missione nel momento in cui la voce di Giovanni già non può farsi
udire. Chissà
quante le persone sbigottite tra tutte quelle che erano accorse a farsi
battezzare nel Giordano, chissà quanti avranno pensato con tristezza “e
adesso cosa succederà?”. E
succede quel che sempre accade, “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino”
Dio
tra noi. Dio
nella quotidianità, tra le miserie della nostra vita e i nostri desideri più
profondi. Il
tempo giunge alla sua pienezza quando il regno di Dio si avvicina. Meglio,
la vicinanza di Dio fa vivere l’uomo in modo pieno, in modo autentico. Il
vangelo a cui siamo chiamati a convertire la nostra mente e il nostro cuore è
proprio questo: Dio è vicino a me, il suo Regno ha a che fare con le mie
scelte, il mio lavoro, le mie paure e i miei desideri. “convertitevi
e credete al Vangelo” Non
è scontato credere che Dio e il suo Regno facciano incursione nella nostra vita
concreta, che siano vicino a noi. Dio,
io, lo sento qualcuno/qualcosa da raggiungere. La
pienezza della mia vita, la felicità, il senso del vivere li percepisco come
realtà da conquistare a caro prezzo. Il
Regno poi, constatando le mie inconsistenze, la mia realtà personale e
relazionale, lo considero piuttosto lontano. E’
vero, per credere sul serio che il
regno di Dio è vicino ho bisogno di
convertirmi, per capire in che modo Dio sia già nella mia vita, operi già
anche attraverso le mie incertezze e i miei errori ho bisogno di pensare in modo
diverso, di cambiare il mio pensiero (questo il senso letterale del verbo greco
metanoéite che viene tradotto con conversione). Gesù
vuole aprirmi gli occhi e farmi scorgere la presenza di Dio e del suo Regno
dentro e fuori di me. Vivo
in modo autentico quando dentro la mia storia, cambiando modo di vedere le cose,
riesco a vedere la presenza di Dio, il suo amore e il suo Spirito che agiscono. Siamo
chiamati a percorrere altre vie rispetto alle solite. Lo
sbaglio e la sofferenza ci parlano di Dio come la cosa giusta e la gioia. Il
peccato e la paura ci svelano Dio come il bene e il coraggio. La
delusione e l’abbandono ci rivelano il Suo amore quanto la soddisfazione e
l’appartenenza. La
giustizia come il sopruso, la pace come la guerra, l’affetto e la tenerezza
come il risentimento e la durezza di cuore parlano del Regno di Dio. “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”Capisco
allora che questa frase è ancora per me e per te, perché siamo chiamati a
cambiare le nostre prospettive, non quello che siamo, nulla di ciò che siamo va
cambiato, la nostra identità rimane, ma per cambiare l'oggetto del nostro
agire. Non
più pesci ma uomini, non più cose, affari, lavoro, ma persone. La
persona dona dignità al mio lavoro e alla mia vita. E
in questa prospettiva percepisco il grido di relazioni autentiche, calde,
accoglienti, relazioni d’amore che dentro di me soffoco, …affetto che devo
alla mia vita perché sia autentica e che reprimo per un infinità di paure. Riconosco
l’urlo, spesso silenzioso ma assordante, che mi giunge da chi amo e che chiede
una relazione di amore vero, fatto di tempo e di qualità. Nostro
tesoro è l'uomo. I
quattro seguono Gesù non perché conoscono il suo corpo di dottrine, ma perché
lo sentono affidabile e gli affidano il loro destino. Come
loro, noi non cerchiamo un Dio credibile, cerchiamo soprattutto un Dio
affidabile. La
nostra fede e la nostra vita preferiscono il Dio affidabile. Affidarsi
precede il fare. Abbiamo
bisogno di seguirti Signore per imparare meglio a decifrare la nostra vita, per
poterla vivere in pienezza, per riconoscere la tua presenza nella nostra storia
passata e presente. Abbiamo
bisogno di seguirti, senza indugio per cambiare la rotta dei nostri pensieri,
per accogliere nel nostro cuore chi la vita ci fa incontrare. Perché
non si va da soli in questa nuovo cammino. I
legami non si rompono. Con
i fratelli diventiamo più fratelli, condivideremo ancora l'esistenza amara del
guadagnarci il pane, non più cercando solo per noi ma donando ad altri. Ti
seguiremo, Signore, insieme, cercando non un altro mare, ma un'altra profondità
nel nostro quotidiano fatta di verità di noi stessi, di condivisione di
misericordia e di compassione. |