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Dal libro del profeta Isaia + Dal Vangelo
secondo Giovanni Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu?”. Egli confessò e non negò, e confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia?”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta?”. Rispose: “No”. Gli dissero dunque: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?” Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. Giovanni
non era la luce. Ma venne per rendere testimonianza alla luce. Giovanni,
testimone e martire della luce, ci fa strada nell'Avvento perché ci indica come
ci si rapporta con Gesù. E
ci mostra che, nonostante un cuore d'ombra, nonostante una storia di errori,
siamo in grado di ricevere e testimoniare luce. Giovanni,
il testimone, ci ricorda che in principio non è posta l'analisi spietata o
intelligente del mondo e di tutto il suo peccato, non la condanna senza appello
per le tante barbarie. La
storia vera inizia quando l'uomo, pur nelle proprie albe oscurate da nubi di
scelte sbagliate, sa fissare il cuore sulla linea dell’orizzonte verso la luce
che sta sorgendo. Ciò
che conta è che io renda testimonianza alla luce: non ai comandi, non ai
castighi, ma alla luce di un Dio liberatore, del Dio di Isaia che fascia le
piaghe dei cuori feriti, che va in cerca di tutti i prigionieri per rimetterli
nel sole. Rendere testimonianza
alla luce, per poter vedere i colori, i contorni delle cose, per poter percepire
la vita oltre l’apparenza. Che
cosa diciamo di noi stessi? Provocati
dal Battista non possiamo che dire: Noi siamo voce! Solo
Dio è la parola; noi siamo voce, realtà di qualcosa che viene da oltre, eco di
parole che vengono da prima di noi, che saranno dopo di noi. E
con il Battista siamo ancora provocati ad essere voce che grida, testimoni di
parole finalmente accese. Dio
è il cuore, noi la voce che comunica questo cuore alla mio pezzo di mondo. E
quando qualcuno, anche importante, un “profeta del nostro tempo” parla,
andiamo oltre le parole da lui pronunciate, lui è solo una eco. Quanti
uomini e donne straordinari nel loro esempio vivono attorno a noi, è bene
individuarli, è bene ascoltare le loro parole che provocano e fan pensare! Ma
oggi il vangelo ci richiama: la forza non risiede nel gesto spesso maldestro del
seminatore, il lucente segreto è racchiuso nel seme che egli semina. Questo
è pure un po’ consolazione a quanti fra noi sentono il peso dell’educare. La
vita insegna a passare oltre. Lo
insegna anche Giovanni: Egli deve crescere e io diminuire, è regola della vita
spirituale che vale per tutti, per ogni maestro, per ogni genitore, per
chiunque, anche per i profeti, perfino per i sacerdoti, soprattutto per Giovanni
ci fa strada nell'Avvento perché ci rivela la nostra identità. Come
lui anche noi siamo grido, cioè appello, bisogno, fame. Quante
volte la vita dell'uomo è sigillata tra due grida: il grido di dolore
liberatorio del bambino che nasce, e il grido crocifisso di ogni morente. Entrambi
riassunti dal grido del morente in eterno, il Cristo, che urla la sua sete, la
sua e la nostra paura agli uomini e al cielo. Dire:
io sono voce, equivale a dire: io sono persona. Per-sona,
ad analizzare letteralmente significa anche suono che cresce, voce che sale. La
nostra identità ci rimanda oltre noi, ad un'altra realtà che non ci appartiene
ancora, ad una Parola che non possediamo ma che ci attraversa e ci fa vivi. Siamo
persona quando siamo profeti, e rilanciamo la parola e la luce, gridando nel
deserto del nostro quartiere o delle nostre amicizie o sussurrando al cuore. Ma
non il predicatore, bensì il vivente, ogni vivente è voce di
Dio, quando anche senza conoscerlo vive come Cristo, che è luce nei suoi gesti
di compassione e di misericordia. Ogni
uomo è un profeta dove si condensa in sillabe il Verbo (Turoldo). Io
intanto cerco l'elemosina di una voce che dica, nel deserto dei rumori, chi sono
veramente. |