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Dal libro del profeta Isaia
Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare
il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli.
Poiché come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli
.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

 

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu?”. Egli confessò e non negò, e confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia?”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta?”. Rispose: “No”. Gli dissero dunque: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?” Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”.

Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Giovanni non era la luce. Ma venne per rendere testimonianza alla luce.

Giovanni, testimone e martire della luce, ci fa strada nell'Avvento perché ci indica come ci si rapporta con Gesù.

E ci mostra che, nonostante un cuore d'ombra, nonostante una storia di errori, siamo in grado di ricevere e testimoniare luce.

Giovanni, il testimone, ci ricorda che in principio non è posta l'analisi spietata o intelligente del mondo e di tutto il suo peccato, non la condanna senza appello per le tante barbarie.

 

La storia vera inizia quando l'uomo, pur nelle proprie albe oscurate da nubi di scelte sbagliate, sa fissare il cuore sulla linea dell’orizzonte verso la luce che sta sorgendo.

Ciò che conta è che io renda testimonianza alla luce: non ai comandi, non ai castighi, ma alla luce di un Dio liberatore, del Dio di Isaia che fascia le piaghe dei cuori feriti, che va in cerca di tutti i prigionieri per rimetterli nel sole.

Rendere testimonianza alla luce, per poter vedere i colori, i contorni delle cose, per poter percepire la vita oltre l’apparenza.

 

Che cosa diciamo di noi stessi?

Provocati dal Battista non possiamo che dire: Noi siamo voce!

Solo Dio è la parola; noi siamo voce, realtà di qualcosa che viene da oltre, eco di parole che vengono da prima di noi, che saranno dopo di noi.

E con il Battista siamo ancora provocati ad essere voce che grida, testimoni di parole finalmente accese.

Dio è il cuore, noi la voce che comunica questo cuore alla mio pezzo di mondo.

 

E quando qualcuno, anche importante, un “profeta del nostro tempo” parla, andiamo oltre le parole da lui pronunciate, lui è solo una eco.

Quanti uomini e donne straordinari nel loro esempio vivono attorno a noi, è bene individuarli, è bene ascoltare le loro parole che provocano e fan pensare!

 

Ma oggi il vangelo ci richiama: la forza non risiede nel gesto spesso maldestro del seminatore, il lucente segreto è racchiuso nel seme che egli semina.

Questo è pure un po’ consolazione a quanti fra noi sentono il peso dell’educare.

La vita insegna a passare oltre.

Lo insegna anche Giovanni: Egli deve crescere e io diminuire, è regola della vita spirituale che vale per tutti, per ogni maestro, per ogni genitore, per chiunque, anche per i profeti, perfino per i sacerdoti, soprattutto per la Chiesa.

 

Giovanni ci fa strada nell'Avvento perché ci rivela la nostra identità.

Come lui anche noi siamo grido, cioè appello, bisogno, fame.

Quante volte la vita dell'uomo è sigillata tra due grida: il grido di dolore liberatorio del bambino che nasce, e il grido crocifisso di ogni morente.

Entrambi riassunti dal grido del morente in eterno, il Cristo, che urla la sua sete, la sua e la nostra paura agli uomini e al cielo.

 

Dire: io sono voce, equivale a dire: io sono persona.

Per-sona, ad analizzare letteralmente significa anche suono che cresce, voce che sale.

La nostra identità ci rimanda oltre noi, ad un'altra realtà che non ci appartiene ancora, ad una Parola che non possediamo ma che ci attraversa e ci fa vivi.

Siamo persona quando siamo profeti, e rilanciamo la parola e la luce, gridando nel deserto del nostro quartiere o delle nostre amicizie o sussurrando al cuore.

 

Ma non il predicatore, bensì il vivente, ogni vivente è voce di Dio, quando anche senza conoscerlo vive come Cristo, che è luce nei suoi gesti di compassione e di misericordia.

Ogni uomo è un profeta dove si condensa in sillabe il Verbo (Turoldo).

Io intanto cerco l'elemosina di una voce che dica, nel deserto dei rumori, chi sono veramente.