Home
Biography
blog
Books
chords
discography
dylan
dylan tribute
foto
Hb
Krundaals
Links
literature
london
lyrics
chords
Mr. Antondjango's Band
mp3
music
pepe
Video
pics
politics
religion
School

Mail Me!!!

 

 

+ Dal Vangelo secondo Marco     2,1-12

 

Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.

Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.

Erano là seduti alcuni scribi che pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”.

Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”.

Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.

Anni fa, quando leggevo questo testo, consideravo con un certo scetticismo l’annotazione di Marco sull’attività di semidistruzione dei quattro amici del paralitico. Per quanto diverse dalle nostre abbiamo abbastanza chiaro che, anche al tempo di Gesù, le case erano fatte con un certo criterio: non è comprensibile come fosse più semplice scoperchiare il tetto di una casa piuttosto che farsi spazio tra una folla, pur numerosa, di persone.

 

Eppure, dopo qualche anno vissuto tra gente di cultura diversa dalla mia, mi rendo conto che quel fatto è meno fantastico di quel che mi appariva.

Penso al desiderio di quei quattro: voler aiutare l’amico, dopo aver condiviso anni di malattia e di disperazione per una situazione insostenibile e umiliante, l’aver sentito di Gesù e la possibilità di cambiare vita e far cambiare la vita aveva sicuramente messo le ali al cuore.

Nulla conta al confronto, possiamo cambiare la vita del nostro amico, un bene che non ha prezzo. Nulla è più importante!

 

Chi è stato in altri luoghi oltre al nostro “nord”, o ha vissuto momenti di accesa speranza dopo tanto dolore, sa di che cosa parla Marco nel vangelo annotando l’atteggiamento di chi accompagnava il paralitico.

Probabilmente è andata proprio così: non c’era tempo in mezzo a tanta gente per: “permesso”, “scusi ma forse, più della sua curiosità, sarebbe opportuno che il nostro amico…” e quindi si supera l’ostacolo.

 

“Gesù, vista la loro fede”

Non quella del paralitico, ma quella di coloro che lo portano, che lo alzano e lo calano.

Quante volte dirà: la tua fede ti ha salvato.

Qui no, “uomo, sei perdonato perché c'è fede d'altri”.

È anche questa catena di fede che ci solleva, ci sostiene, ci da coraggio

 

In che consiste la loro fede? Nello scalare la casa, scoperchiare il tetto, calare il lettuccio... indubbiamente una gran lavorata, ma niente di definizioni o di preghiere stereotipate.

Noi solitamente intendiamo la fede come immobilismo, staticità, fedeltà al limite dell'ottusità (cfr. gli scribi seduti dentro)

La fede che qui Gesù apprezza, e che oggi Gesù ci chiede, è invece dinamismo, inventiva, ricerca attiva, superare ogni ostacolo per arrivare fino a lui.

 

E’ straordinario questo aspetto anche dal punto di vista del paralitico, la misericordia di Dio supera anche la nostra poca fede, può raggiungerci anche quando siamo paralizzati.

Dio guarda anche alla fede di “altri” quando noi non ne avremo a sufficienza per muoverci.

 

“Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”

Solo allora, davanti lui, i quattro si fermano.

E vengono parole che non ci si aspetterebbe.

Loro, il paralitico come tutti, come me e te, in cerca di guarigione, in cerca di un corpo che non ci tradisca più.

Invece: figliolo, ti sono rimessi i peccati e si intuisce che quando si arriva davanti a lui, non c'è più nulla da fare. Bisogna ascoltare.

Bisogna lasciarsi guarire il cuore.

 …in fondo è ciò che avevamo sempre sospettato.

 

Il peccato, il non-amore, per se e per gli altri, questo vuoto sconosciuto e rimosso, è ciò che ferma la crescita e corrode la vita; peccato non perché è trasgressione di una legge esterna ma perché è rottura della fiducia originaria tra Dio e l'uomo (cfr. Gen.), tra l’uomo e il fratello, rottura della fiducia dell’uomo in se stesso.

 

Rimettere è allontanare, lanciare via, scagliare lontano da noi i fallimenti, quegli sbagli che ci bloccano, il passato che ci pesa addosso.

Il peccato è sempre una paralisi.

 

“Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”

La malattia viene presa a pretesto per una guarigione profonda, un rinnovamento radicale della persona, è pure una proposta rivolta a ciascun uomo e a ciascuna donna.

 

Quante sono le nostre paralisi? Gesù che viene a fare nuova la nostra vita, ci offre la possibilità di uscire dalla nostra situazione di “peccato”.

Peccare, oltre le banali sottolineature moraleggianti, significa perdersi, mancare la propria vita. Attraverso il miracolo, fatto all’uomo nel vangelo di oggi, Gesù ci provoca, a ciascuno dice: “esci dalla tua paralisi interiore”.

Quante paralisi per paura ci portiamo dentro: paura di sbagliare, di dire quel che pensiamo davanti agli altri, paura del giudizio degli altri, di una situazione difficile, di una persona potente, di un pericolo, di una colpa.

 

A volte ci sentiamo paralizzati e viviamo una situazione di peccato, manchiamo la nostra umanità in quanto riteniamo di dover essere perfetti, di non poter dimostrare alcuna debolezza.

Alzarsi può offrire certo il rischio di cadere, ma chi evita il rischio di ogni caduta resta sempre fermo nel letto della sua paura… quante volte pur non trasgredendo alcun comandamento rifiutiamo la vita.

 

E l’unico peccato serio è quello di non vivere la vita  di cui Dio ci rende capaci.

 

Gesù guardando le nostre vite non vissute e il nostro atteggiamento di rifiuto della vita ci dona la remissione dei peccati, l’accettazione incondizionata da parte di Dio, rendendoci così possibile un nuovo inizio.

 

“Smettila di tormentarti con i tuoi sensi di colpa, abbi il coraggio di essere te stesso, di alzarti con i tuoi errori e le tue debolezze. Abbi il coraggio di vivere!”

 

Gli scribi, i “saggi seduti e statici” dentro la casa… si scandalizzano sono urtati da queste parole: solo Dio può perdonare i peccati.

In effetti hanno colto la posta in gioco: in Gesù è Dio stesso che si fa presente.

Ma il loro atteggiamento è ispirato dalla diffidenza, dalla paura, dall'estraneità nei confronti dell’uomo ammalato e di Gesù. In tal modo diventano estranei a quel Dio che pure studiano, di cui conoscono a menadito la Scrittura.

Parlano di peccati e di perdono, senza sentirsi coinvolti dal discorso.

Senza accorgersi che il loro stesso discorso è figlio del peccato, di quel peccato che è radicato nel loro cuore, e che si trasforma in paura, ottusità, dubbio.

Quanti scribi paralitici e sfiduciati della vita e di Dio siedono nella nostra chiesa, ingombrano i nostri altari.

 

Gesù fa vedere loro che la fiducia vince la paura: in contatto con se stesso e con le proprie forze, il paralitico si sostiene con le sue proprie gambe, sta presso di sè (noncurante di ciò che pensano gli altri) ed è capace di vincere la sua malattia riuscendo a camminare.

 

Alzati e va', dice Gesù. Alzati, risvegliati, risorgi (il verbo è lo stesso) risali sulla strada.

 

Il perdono è la forza con cui Dio trasforma il mondo.

Il perdono non è una banalità scontata che lascia tutto come prima; per sua natura esige un cambiamento: prendi il lettuccio, cammina, ora sai dove andare.

 

Credere seriamente al perdono non è facile.

Come si fa a ritenere importanti le regole, se poi chi le trasgredisce è comunque perdonato? E senza condizioni, senza espiazione, senza se e senza ma?

Si può credere al perdono solo ripetendo «d'ora in avanti», solo guardando non alle cose di ieri, ma a ciò che si apre: una risurrezione, forze buone che si alzano, una strada da percorrere, una casa da animare nell’accoglienza e negli affetti.

 

Un paralitico portato a spalle da quattro pazzi che scoperchiano un tetto pur di dare corpo alla speranza, una guarigione donata senza essere esplicitamente richiesta, una fede riconosciuta senza essere professata, un perdono offerto senza un chiaro pentimento.

E’ solo un modo straordinario di Dio per dire la sua misericordia per noi, un Dio che trova tutte le scuse buone per comunicarci gratuitamente la sua vita e il suo amore.

 

E ancora: una fede che non si fa carico d'altri non è vera fede, ce lo insegnano i quattro sconosciuti portatori dell'uomo.

Essere come loro, con questo peso d'umano su cuore e mani.

 

Il cristiano è l'uomo che non è mai scoraggiato, perché è sempre perdonato (Regola di Taizè). Ricordiamolo, e anche noi, come la gente di Cafarnao presa nella gioiosa certezza di un Dio che perdona, abbiamo il coraggio di riconoscere “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.