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+ Dal Vangelo secondo Marco

 

In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi guarirmi!”. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”.
Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: “Guarda di non dir niente a nessuno, ma va’, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro”.
Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.

Il vangelo di questa sesta domenica del Tempo Ordinario ci mostra come Gesù accoglie un lebbroso. In quel tempo, i lebbrosi erano le persone più escluse dalla società, evitate da tutti. Non potevano partecipare a nulla. Perché, anticamente, la mancanza di medicine efficaci, la paura del contagio e la necessità di difendere la vita della comunità, spingevano la gente ad isolarsi e ad escludere i lebbrosi.

Inoltre, tra il popolo di Dio, dove la difesa del dono della vita era uno dei doveri più sacri, si giunse a pensare che l'esclusione del lebbroso fosse un obbligo divino poiché era l'unico modo di difendere la comunità contro il contagio della morte.

Per questo, in Israele, il lebbroso si sentiva impuro ed escluso non solo dalla società, ma perfino da Dio (cfr. Lev 14,1-32). Poco a poco, comunque, nella misura in cui si scoprivano rimedi migliori e soprattutto grazie all'esperienza profonda comunicataci da Gesù rispetto a Dio Padre nostro, i lebbrosi cominciarono ad essere accolti e reintegrati, in nome di Dio stesso, come fratelli e sorelle nella convivenza umana.

Malgrado i duemila anni di cristianesimo, l'esclusione e l'emarginazione di certe categorie di persone continuano comunque fino ad ora, sia nella società come nella Chiesa. I malati di AIDS, i migranti, gli omosessuali, i divorziati... il vangelo, tra le altre cose che annoteremo, ci chiede anche quali siano oggi le categorie di persone vergognosamente escluse ed evitate nella società e nella Chiesa.


Un lebbroso arriva vicino a Gesù. Era un escluso, impuro!

Doveva essere allontanato dalla convivenza umana.

Chi si avvicinava a lui rimaneva anche impuro.

 

Se vuoi, puoi guarirmi!

Di quel lebbroso non conosciamo né il volto né il nome, perché è l'uomo, ogni uomo, sbalzato a terra dal treno delle società di sempre, troppo rapide, troppo indifferenti così efficienti e perbene da essere inumane.

Una frase piena di supplica che grida il male della malattia della lebbra che lo rendeva impuro e il male della solitudine a cui era condannato dalla società e dalla religione.

Quante volte sentiamo, mascherate da altre parole o intrise di angoscia, uscire dal nostro cuore, o dal cuore di chi ci sta davanti, questo stesso grido: “non merito nulla, ho solo fame di compassione e di persone.”

 

“Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò”

Come se gli dicesse: "per me tu non sei un escluso, ti accolgo come un fratello!"

e risana pure la malattia della lebbra dicendo: Lo voglio! Guarisci!

Per poter entrare a contatto con Gesù, il lebbroso aveva trasgredito le norme della legge. Gesù, per poter aiutare quell'escluso rivela un nuovo volto di Dio, trasgredisce le norme della sua religione e lo tocca.

Si contagia.

In quel tempo, chi toccava un lebbroso diventava impuro agli occhi delle autorità religiose e dinanzi alla legge dell'epoca.

E ancora una volta Gesù riafferma che nulla vale quanto la vita di un uomo.

 

“va’, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro”

Gesù non solo guarisce fisicamente ma desidera che la persona guarita possa di nuovo convivere con gli altri. Reintegra la persona nella convivenza.

Ora è compito suo dire di sì, accettare se stesso, adesso spetta a lui che non è più lebbroso stimarsi sanato e metterci del suo perché sia completa la guarigione.

Ma l’uomo non accoglie l’invito di Gesù: sano fisicamente preferisce viversi come importante “per ciò che era” e non “per chi ora può essere”…e continua a parlare di sé ”cominciò a proclamare ed a divulgare il fatto”, in qualche modo resta dipendente e non del tutto liberato.

Solo in questa prospettiva si comprende l’insistenza di Gesù: ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: “Guarda di non dir niente a nessuno”.

E’ spesso più facile percorrere la strada del “renderci interessanti” per le nostre particolarità (anche negative a volte), …quel tale si sente importante a spese di Gesù e non per aver ricevuto la possibilità di poter ricostruire la sua vita.

Gesù desiderava una guarigione profonda e autentica che potesse toccare anche l’anima oltre che il corpo, l’uomo dovrà ancora camminare per trovare la libertà interiore.

 

“se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte”.

Marco indica che alla gente non importavano poi molto delle norme ufficiali e religiose, così rigide, sulla purezza, quando si trattava di vita, di dignità e di speranza.

Invito liberante per me in questa domenica: per portare la “Buona Novella” alla gente non guadagno nulla nel fermarmi alla paura di trasgredire le norme religiose o sociali quando sono contrarie al progetto di Dio, tutto ciò che rende difficile la comunicazione, il dialogo ed il vissuto dell'amore.

 

E dopo questa scorsa sul vangelo ancora, e in modo prepotente, a nome mio (di tutti noi?) il lebbroso domanda: ma qual è il senso della vita?

Che cosa vuole veramente Dio da questa carne sfatta, da questo corpo (cuore) piagato?

Che senso si può trovare dall'immenso pianto del mondo?

 

Avverto una muta rabbia che sale dal profondo (forse una delle poche ribellioni di cui ancora son capace) quando a tutt’oggi il dolore viene contrabbandato come volontà di Dio, necessario per la sua gloria e la nostra salvezza.

Dio vuole figli guariti. A me dice: “lo voglio, guarisci!” A Lazzaro: “lo voglio, vieni fuori!” Alla ragazza: “talità kum, lo voglio, alzati!”

 

Dio è guarigione, non ha creato la morte, né la lebbra, né la guerra.

 

Confesso le mie incertezze e le mie lacrime: non conosco i modi in cui Dio è guarigione.

So che non lo farà moltiplicando i miracoli.

Non conosco i tempi, ma so che lotta con me, si coinvolge nella mia vita, rinnovandola passo passo, come si rinnova la luna nelle buie notti.