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+ Dal Vangelo secondo Giovanni

 

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio!”. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”. Disse loro: “Venite e vedrete”.
Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.
Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)” e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)”.

Il testo, come spesso capita, parla di noi, parla di me e di te.

Noi che ascoltiamo/riceviamo una parola.

Noi che crediamo a questa parola.

Che seguiamo affascinati,

che addirittura ci trasformiamo in discepoli,

che restiamo con, che dimoriamo con,

fino ad essere in qualche modo anche noi, a nostra volta, testimoni, in qualche misura missionari di ciò che abbiamo ascoltato/accolto/seguito…

 

Tale dinamica si ripete spesso nella nostra vita, con aspetti i più diversi è la dinamica della relazione e della comunicazione/trasmissione della vita.

 

Il vangelo ci presenta un testimone che fissa lo sguardo, che indica  e che provoca tutta una serie di reazioni, molto al di là e molto oltre la sua stessa possibilità di comprensione.

Il testo ci fa capire che è Cristo che ci raggiunge con la parola del testimone, è lui che ci invita a seguirlo, lui che passa che cammina oltre, che supera i limiti.

 

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli”: statico è il Battista Gesù no, và oltre, non si ferma.

 

Ed è un invito a pensare ai “grandi” ai “testimoni” (chi sono? brillanti intellettuali, pensatori, “profeti del nostro tempo”, amici di cui abbiamo stima infinita, nostri genitori, …? ) come ad un importante, spesso fondamentale aiuto, ma a nulla di più: ognuno ha la propria storia.

Non chiediamo/pretendiamo dai testimoni ciò che non possono darci (il Battista se ne starà al Giordano mentre i suoi discepoli percorreranno altre strade).

Se i due discepoli avessero pensato: “ma il Battista se ne sta qui, sarà vero ciò che dice?, e se è vero, perché lui non lo segue?”, e se fossero stati ad aspettare che il Battista seguisse Gesù…?

Altra storia, certo diversa.

Non fermiamoci ai testimoni, abbiamo da fare la nostra strada che non è la loro.

 

“Che cercate?”

Sono le prime parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni, è la prima domanda che egli rivolge ad ogni discepolo di sempre, a me e a te, a chiunque voglia affrontare con verità la propria vita.

Il Verbo fatto carne non ci parla di sé, non ci stravolge con parole o gesti magici, ma ci restituisce a noi stessi e alla nostra umanità.

Che cosa cerco?

Che cosa mi manca?

Quale povertà mi muove?

Mi manca denaro, salute, la famiglia che sognavo?

Mi mancano opportunità, amici, un senso alla vita?

Cerco Dio?

Quale?

 

E perché cerco queste cose?

 

La domanda di Gesù desidera mettere davanti alla nostra consapevolezza  le motivazioni che animano il nostro cuore.

La realtà in cui siamo immersi e cresciuti gioca un ruolo enorme nelle nostre scelte, la domanda và nella direzione della nostra identità, ci aiuta a farci carico della nostra storia e a trovare dentro la nostra umanità i motivi che soggiacciono alle nostre decisioni.

 

Essere coscienti di ciò che davvero ci fa muovere e di ciò che davvero cerchiamo, per non dare troppe cose per scontate, per non accontentarci delle risposte che riempiono la bocca ma lasciano freddo il cuore.

Un cammino per tutti, per chi deve scegliere e, ancor più, per chi ha già scelto.

 

C’è chi dice che non vale la pena il porsi troppe domande, alla fine troppi sono i problemi che saltano fuori…; a noi non è concesso, la superficialità è un lusso che non possiamo permetterci.

“Che cercate?”

Andare in profondità, dentro di noi, lì dove nascono i desideri.

Individuare anche le nostre miserie per non lasciarci condurre da esse.

Quante volte siamo pure tentati di rinunciare e non andare oltre alle cose, cose che riempiono e che assopiscono!

 

Ma seguire la Parola significa andare ad incontrare il nostro cuore, comprenderlo, decifrare il senso delle nostre azioni.

Profondità a cui, forse, non siamo abituati…

ma per chi come noi, che ha deciso già da tempo di non accontentarsi di sogni svenduti o presi in prestito, questo viaggio è imprescindibile: verso i desideri più veri e profondi, quelli che animano la nostra vita.

 

“Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”

La risposta non è quella esatta, religiosamente corretta, di chi sa tutto, non è quella del super uomo, è quella del discepolo: maestro, non so bene cosa cerco, mi sento confuso e frastornato ma mi interessa capire dove nascono i miei sogni, mi interessa cercare il perché di questo fuoco che mi divora…

 

“Venite e vedrete”

Anche a noi la stessa accoglienza, nessun giudizio, nessuna insinuazione sulle nostre inadeguatezze, vieni e vedi: incontra e ascolta il tuo cuore, ascolta ed incontra la mia vita attraverso la Parola e il volto del povero e del sofferente.