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+ Dal Vangelo secondo Marco    12,38-44

 

In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave”.

E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.

Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere

Il Vangelo di questa domenica presenta due fatti opposti, legati tra di essi: da un lato la critica di Gesù contro gli scribi che usavano la religione per sfruttare le vedove povere e, dall'altro, l'esempio della vedova povera che dava al Tempio perfino ciò che le era necessario. Fatto questo assai attuale, fino ad oggi

§         Il testo di Marco 12,38-44 traccia la parte finale dell'attività di Gesù a Gerusalemme (Mc 11,1 a 12,44). Furono giornate molto intense, piene di conflitti: espulsione dei commercianti dal Tempio (Mc 11,12-26), e molte discussioni con le autorità: (Mc 11,27 a 12,12), con i farisei, con gli erodiani ed i sadducei (Mc 12,13-27) e con i dottori della legge (Mc 12,28-37). Al termine quasi della sua attività a Gerusalemme, seduto dinanzi al tesoro dove si raccoglievano le elemosine del Tempio, Gesù chiama l'attenzione dei discepoli sul gesto di una povera vedova ed insegna loro il valore della condivisione (Mc 12,41-44).

§         Nei primi quaranta anni della storia della Chiesa, dagli anni 30 ai 70, le comunità cristiane erano, nella loro maggioranza, formate da gente povera (1 Cor 1,26). Poco dopo si aggiunsero anche persone più ricche, o che avevano vari problemi. Le tensioni sociali, che marcavano l'impero romano, cominciarono anche a spuntare nella vita delle comunità. Per questo, l'insegnamento del gesto della vedova era per loro molto attuale. Era come guardarsi allo specchio, perché Gesù paragona il comportamento dei ricchi con il comportamento dei poveri.

 

 

Cosa vale di più: i due spiccioli della vedova o le mille monete dei ricchi?

Spesso si pensa che il problema della gente possa essere risolto con molto denaro.

In occasione della moltiplicazione dei pani, avevano detto a Gesù: "Signore, cosa vuoi che compriamo con duecento denari per dar da mangiare a tutta questa gente?" (Mc 6,37). Per tutti noi che la pensiamo così, quei due spiccioli non servono a nulla.

 

"Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri".

Gesù ha criteri diversi. Il criterio è dare quel che si ha, il criterio per Gesù è la condivisione.

Una considerazione che non ha nulla di ideologico, ma frutto di una prospettiva essenzialmente religiosa: se oggi condividessimo i beni, che Dio ha posto nell'universo a disposizione di tutta l'umanità, anche quelli nostri, non ci sarebbero né poveri né fame. Ci sarebbe il sufficiente per tutti ed avanzerebbe anche per molti altri.

Difficile (blasfemo) pensare ad un Dio che sorride, piacione, al “nord” e allo stesso tempo che rinnega/aborrisce il “sud del mondo”.

 

La pratica della condivisione, dell'elemosina e della solidarietà è una delle caratteristiche che lo Spirito di Gesù, comunicatoci in Pentecoste (At 2,1-13), vuole realizzare nelle comunità credente.

Il risultato dell'effusione dello Spirito è proprio questo: "Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli" (At 4,34-35; 2,44-45). Queste elemosine ricevute dagli apostoli non erano accumulate, bensì "poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno" (At 4,35b; 2,45).

Generoso, …e fino a che punto?

Il principio fondamentale è chiaro: dà, sii generoso.

C’è chi afferma che il limite della generosità sia il reale bisogno del fratello, c’è chi questa affermazione l’ha vissuta…

Che cosa dare, che cosa fare, fino a dove giungere nella generosità?

Queste domande non ammettono una sola ed unica riposta.

Forse l'importante sarebbe che nessuno di noi arrivi a dire mai: "Fin qui e basta".

 

“Guardatevi dagli scribi ..”

La condanna degli scribi per gli ascoltatori di Gesù e per i lettori del Vangelo doveva avere qualcosa di sorprendente. Si trattava di persone dedite allo studio della Scrittura e all’applicazione giuridica della legge di Dio, e quindi rispettate e stimate. Per trovare un esempio, dovremmo pensare a qualcosa come un magistrato o un notaio o un avvocato di oggi (i ruoli nell'antichità erano molto più fluidi), ma in più dovremmo aggiungere pure una connotazione fortemente religiosa: i precetti giuridici andavano cercati nella Legge di Dio, e le norme che se ne ricavavano avevano, per un certo verso, il valore della sua Parola.

 

L' incoerenza intollerabile.

Per capire la dura condanna di Gesù è necessario soffermarci nell'ultima contrapposizione:

“Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere”.

Si tratta di comportamenti antitetici: da un lato - verosimilmente con i loro pronunciamenti di carattere giuridico - essi si impadroniscono delle "case delle vedove" (forse l'eredità del marito morto?), oppure permettono ad altri di farlo (facendole comprare per un pezzo di pane per poi mettersi in affari con gli speculatori?).

D'altra parte mostrano di fare lunghe preghiere, come autentici uomini di Dio, che amano stare in contatto e in comunione con lui.

Bisogna ribadire che in realtà è difficile stabilire esattamente che cosa facessero di tanto negativo questi scribi.

Il Vangelo riporta solo una breve frase, che suppone forse situazioni ben conosciute dagli ascoltatori, e che si riferisce al risultato finale: le case delle vedove sono "divorate" (vendute? svendute? svalutate? sottratte con l'usura? attribuite ad altri?), e non importa tanto considerare il "come", quanto il rilevare la profonda ingiustizia commessa, da parte di uomini che ostentano di fare e cercare la volontà di Dio.

 

Gesù solitamente così misericordioso con i peccatori, anche i più efferati, Gesù che insegna ad amare e a pregare anche per il nemico, ha parole di fuoco contro questa falsità e ipocrisia.

Ma mentre leggiamo "scribi", non dobbiamo limitarci a pensare ai dottori della legge del tempo di Gesù, facile costruirci nella mente una caricatura superficiale.

Marco, evangelista così sobrio ed essenziale, con queste parole di Gesù probabilmente vuole sottolineare che si tratta di figure universali, nelle quali anche i suoi lettori potevano riconoscersi, nelle quali anche noi oggi potremmo riconoscerci.

 

Mentre dunque cerchiamo di dare un volto agli ignoti ipocriti, che nascondono la loro distanza da Dio, dalla verità e dalla giustizia, sotto una maschera di fedeltà (e possiamo pensare a politici, affaristi, finanzieri corrotti, mafiosi... e magari anche vescovi, cardinali e parroci: tutti, anche nella chiesa, possono aver bisogno di un esame di coscienza) lasciamo aperta la possibilità che le parole di Gesù siano uno specchio anche per la nostra coscienza: anche noi possiamo essere apparentemente fedeli in tante piccole o grandi cose di facciata, e venire meno alle piccole o grandi scelte sostanziali, dove veramente si gioca la nostra fedeltà a Dio.

 

Tra la tanta gente che per abitudine fa la sua offerta nel tempio, una persona fa un gesto fuori dall'ordinario. La sua povertà non le impedisce di fare la sua offerta.

Gesto splendido e nascosto: la fiducia in Dio nonostante tutto, il desiderio di fare la propria parte nonostante l'indigenza.

La critica non basta, Gesù propone lo stile del cristiano di fronte all’ingiustizia e alla verità che viene da Dio: fare la propria parte, per quanto insignificante.

 

Troppo spesso ci si nasconde dietro l’ipocrisia della ragionevolezza: “tanto il mio gesto cosa può cambiare?”.

Ogni gesto fatto con verità e dignità offre dignità a chi lo riceve e restituisce dignità a chi lo compie.

 

Si tratta di un brano per molti aspetti inquietante.

Ciò che Gesù chiede è un accordo profondo con il cuore del Padre, non il semplice, formale, rispetto delle regole.

Il punto di paragone è il povero, il debole, colui che non ha forza per far valere i suoi diritti.

 

Dietro la facciata di rispettabilità, il nostro mondo ha del marcio, enormi ed inaccettabili ingiustizie.

…e pure la presentazione scandalistica di povertà inimmaginabili rischia di essere solo apparenza.

 

Lo sguardo di Gesù mette a nudo le nostre azioni: la ricerca di consenso, di prestigio, ciò che facciamo per essere visti, per essere apprezzati, o per paura di punizioni...

come i ricchi del tesoro del tempio, spesso mettiamo in gioco solo il nostro superfluo, quello che non è veramente importante.

Ma che cosa ne facciamo della nostra vita?