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+ Dal Vangelo secondo Luca      (21,5-19)

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. Gli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.

Rispose: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’ e: ‘‘Il tempo è prossimo”; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”. Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.

Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I Vangeli sinottici (vedi anche Mt 24; Mc 13) fanno precedere, al racconto della passione, morte e risurrezione, il discorso cosiddetto "escatologico", riguardo alle cose ultime.

Eventi da leggere alla luce della Pasqua.

Il linguaggio è quello "apocalittico": con immagini e parole usate nella cultura del tempo in cui vive, Gesù vuole stimolare la conversione e l’attenzione ai desideri che Dio ha nei confronti delle scelte da compiere nella storia.

L'attenzione non va posta quindi su ogni parola, ma sull'annuncio di capovolgimento totale.

La comunità di Luca già era a conoscenza degli avvenimenti riguardanti la distruzione di Gerusalemme. L'evangelista qui rende universale il messaggio suscitato da quel preciso evento storico ed evidenzia che la riflessione non va fatta solo sul tempo della fine ma pure, e soprattutto, sul tempo intermedio –quello della chiesa- in attesa della venuta del Signore nella gloria.

 

Di fronte a questo vangelo non lasciamoci quindi attrarre dagli elementi e dalle immagini esteriori, tipiche del linguaggio apocalittico, pur consapevoli che anche oggi, in diverse parti del mondo si vivono situazioni "apocalittiche".

Questi fatti/segni che leggiamo in Luca sono lontani dal voler indicare i presagi da cui dedurre il momento della fine dei tempi. Gesù non li annunzia per aiutarci a prevedere il tempo preciso della fine. Questo non gli interessa proprio, anzi altri passi evangelici mostrano bene che per lui la voglia di “previsioni” è da evitare, è sbagliata.

Questi fatti/segni sono un segnale che la storia porta in sé anche il germe della precarietà, non dura all'infinito ma va verso il suo traguardo, che è quello di essere superata, di sfociare in qualcos'altro.

I sistemi di questo mondo, i dogmi di questa nostra società, le costruzioni che ci sembrano oggi così solide (i frutti della nostra cultura: democrazia, economia, finanza, mercato, equilibri politici, conquiste tecniche e scientifiche…) sono destinati a non durare.

D’altra parte nel vangelo di oggi si presuppone un'attitudine davanti alle catastrofi descritte nei vv. 10-11: in primo luogo non sono la fine del mondo; in secondo luogo esprimono il desiderio, latente nei popoli, di libertà e vita.

Gesù fa capire che i sistemi basati sulla forza e l'intimidazione finiranno per distruggersi mutuamente facendo nascere la speranza per una società fraterna e giusta; (nel linguaggio apocalittico, i cataclismi non sono annuncio di catastrofi naturali, bensì indicazioni che qualcosa di totalmente nuovo è in gestazione nella storia, e questo nuovo non dimorerà a manifestarsi).

 

Ha valore non secondario questo avvertimento, la nostra tentazione è sempre quella di assolutizzare la storia (che sono poi le diverse storie di ogni paese e di ogni comunità, le nostre storie) di pensare che sia eterna, un po' come facevano quelli che ammiravano la bellezza del tempio. Questa costruzione così grande e maestosa finirà ben presto, molto prima di quello che si sarebbe potuto pensare: 40 anni dopo non c'era pietra su pietra!

Ecco, questi segni ci dicono che la fine dei tempi e il ritorno del Signore sono qualcosa che non è lontano, remoto, ma vicino e possibile subito, ora.

La Parola ci chiede di acquisire la consapevolezza di quello che avviene nella storia, di saperla leggere in profondità alla luce dello Spirito di Dio, e di schierarci attivamente per Dio e il suo Regno contro le forze di distruzione sempre presenti.

Ecco il “tempo della Chiesa”, un tempo di persecuzione e profezia, sicuramente un tempo di testimonianza.

 

Credo possibile anche una lettura personalizzata, certamente non evasiva, che sposta l'attenzione sulla responsabilità personale.

Luca, rispetto agli altri evangelisti, sottolinea che non è giunta la fine, che occorre vivere l'attesa con impegno (perseveranza).

Allora un primo accenno potrebbe essere questo: apriamo gli occhi sulle tragedie del nostro tempo, assumiamo le situazioni anche quelle più difficili e conflittuali, non per essere profeti di sventure, ma coraggiosi profeti di un nuovo modo di vedere, intendere e vivere, basato sulla giustizia e la pace.

Nuovo modo di pensare la storia che passa attraverso la nostra stessa vita personale e comunitaria nel tentativo di guardarle alla luce della fede: malgrado le apparenze, "nemmeno un capello del vostro capo perirà" (v.19).

Gesù ci invita a ripensare la nostra vita facendoci raggiungere dal suo amore e dal suo Spirito, perché davvero vuole “salvare la nostra anima” (v.19) dalla disperazione, dallo scoraggiamento, da quel senso di impotenza che ci paralizza di fronte alla sofferenza, al dolore, all’ingiustizia, alla morte.

 

Decifrare la sua presenza per vivere la sua bontà, per poter parlare di lui e poter testimoniare la sua misericordia come segno di speranza nell’oggi.

D’altra parte guardando a lui anche la fine diventa un fine, perché un uomo che muore così non può morire, e trascina con sé chiunque prova ad amare (non importano i risultati), accogliendolo come fratello per la vita eterna.

 

Di certo non possiamo restare a guardare. Il Vangelo ci chiede di essere disposti a metterci in gioco di persona, magari anche ri-mettendoci in termini di forze, di tempo, di risorse, di soldi, di tranquillità; (sarà necessario, rimetterci la stessa vita?)

Siamo sicuri però - Gesù lo dice - che nemmeno un capello del nostro capo perirà, e che proprio grazie a questa disponibilità a lottare per il bene, la giustizia , la pace, il Regno di Dio …troverà senso, “salveremo”, la nostra vita.

 

Ecco il significato della perseveranza: confidare giorno dopo giorno in questo stile di vita piuttosto che nelle cose che oggi sono e domani passano.

 

Da questo testo una riflessione ancora.

Si dice che “la storia è maestra di vita”, indubbiamente c’è del vero nel vivere il presente con un occhio al passato per apprendere da esso.

Dalla nostra fede oggi però ci è suggerito che forse serve altrettanto vivere il presente pensando a ciò che saremo, a ciò che vorremo essere, a ciò che ci è lecito sperare, a ciò che con coraggio e verità desideriamo raggiungere.

 

Lontano dalla curiosità del “come” e del “quando” (orientata a difenderci e trovare qualche astuto stratagemma per evitare possibili inconvenienti) è necessario far proprio un atteggiamento esistenziale nell’oggi della nostra vita, di fronte alla drammaticità della vita umana, caratterizzato dall’assunzione delle proprie responsabilità e da una solare visione di speranza.

Sì! Spesso credo proprio faccia molto meglio che imparare dal passato, affinare la percezione del futuro guidati dalla Parola e dallo Spirito.

 

 

 

 

Non sia la paura…

nel nostro incontro con te non sia la paura,

non importi quando esso possa avvenire,

quanto piuttosto la nostra predisposizione a che risulti proficuo e gioioso.

Pure ci doni serenità e pace per quanto avremo realizzato

per noi stessi …per gli altri.

…soprattutto perché ti vedremo faccia a faccia;

non sia la paura!

…perché Tu sarai lo stesso amore che avremo riconosciuto e amato

tutti i giorni della vita.