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Dal libro del Deuteronomio

 

Mosè parlò al popolo dicendo: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi.

Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.

Non dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri”.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni   6,51-58

 

In quel tempo, Gesù disse alle folle dei Giudei:

“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”.

Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.

Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.

Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono.

Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.

 

 

Contesto in cui il testo del vangelo di oggi si colloca:

Nel capitolo 6 di Giovanni troviamo una sequenza di sette brevi dialoghi tra Gesù e le persone che si trovavano con lui dopo la moltiplicazione dei pani, questa sequenza è chiamata: il discorso del “pane di vita” (Gv 6,22-71).

Gesù, dopo aver sfamato le folle, cerca di aprire gli occhi della gente, cerca di far loro capire che non basta lottare per il pane materiale. Le cose non bastano; la lotta quotidiana per il pane materiale, per il lavoro, non va alla radice della nostra vita.

Non solo di pane vive l'essere umano! (ci ricorda la prima lettura di oggi tratta dal Deuteronomio, 8,3)

I sette brevi dialoghi sono in realtà una singolare catechesi che spiega alla gente il significato profondo della moltiplicazione dei pani e gettano una luce straordinaria sull’Eucaristia.

Lungo tutto il dialogo appaiono le esigenze della fede in Gesù, ma potremo pure intravedere quanto questo dialogo illumina i rapporti umani e la profonda sete di relazione e d’amore che inquieta le nostre vite. La gente reagisce. Rimane colpita dalle parole di Gesù. Ma Gesù non cede, non cambia le sue esigenze, amare ha un costo e non è trattabile, pena la superficialità e la banalità.

Non meraviglia quindi che, per questo, molti lo abbandonino.

Fino ad oggi succede la stessa cosa: quando il vangelo comincia ad esigere un impegno, molta gente lo abbandona; quando le relazioni d’amore richiamano alla responsabilità e al dono di sé è più semplice cambiare strada.

Nella misura in cui il discorso di Gesù va avanti, meno gente rimane attorno a lui.

La chiarezza si accompagna pure ad un momento di tristezza: alla fine rimangono solo i dodici con Gesù, e noi sappiamo che lui non potrà confidare nemmeno in loro!




 

Il nucleo essenziale del Vangelo oggi è racchiuso in due sole parole: pane e vita, mangiare e vivere.

Vivere in pienezza, vivere per sempre.

Ma il vangelo pone una domanda: che cosa ci fa' vivere?

Io vivo di persone. Vivo di progetti e di appelli, di passioni e di talenti.

Vivo di terra, che ci sostenta e governa (S. Francesco).

Ma io vivo soprattutto delle mie sorgenti, come accade per ogni fiume, come ogni albero anch’io stretto alle mie radici.

No, non posso né voglio vivere di solo pane.

Anzi, di solo pane ingrasso e muoio.

Vivo di affetti, di relazioni.

Vivo perché sono importante per qualcuno, perché qualcuno mi pensa, mi desidera, mi accoglie, mi capisce, mi perdona, mi dona tenerezza.

Siamo esseri affamati e assetati di amore, di vita piena.

 

Non possiamo che aprirci alla speranza e agli orizzonti della fede, tutti viviamo di un… Altro!

Di Colui che dà amore a te e a me, di Colui che da vita al nostro amore, alle nostre passioni, ai nostri desideri di bene, di affetto, di tenerezza, di giustizia e di pace.

Sì, viviamo dell’amore che, uscito dalla bocca di Dio, anima e rinnova il nostro vivere.

 

Dalla bocca di Dio vengono parole che creano luce, acqua, terra, vento.

Viene il cosmo, viene l'alito di vita che fa di un grumo di polvere una persona vivente.

Dalla bocca di Dio vengono i miei fratelli che sono parola di Dio, respiro di Dio;

viene l’abbraccio e il bacio d'amore con cui inizia e finisce la vita.

È questa la mia sorgente.

 

Che cosa farò?

La prima lettura mi soccorre: ricordati di tutto il cammino che il Signore ti ha fatto percorrere, della storia: non vedere solo il dolore e il male, ci sono nella tua storia fedeltà e vita da evidenziare.

Ricordarmi, perchè il dimenticare è la radice di tutti i mali.

Ricordarmi del cammino, cioè delle sorgenti e poi del salire, del fiorire, del crescere.

Il cammino c’è stato, non posso negarlo.

Ricordarmi delle bufere e l'anima affaticata ma pur sempre resa viva dal richiamo di cose lontane. Ricordarmi che essere uomo-con è il contrario dello smarrirsi fra le dune.

E di tutta la “manna” scesa all'improvviso quando non l'aspettavo più.

 

Tutti potremmo raccontare del nostro viaggio nella vita non soltanto gli scorpioni o i serpenti, ma l'acqua scaturita un giorno all'improvviso quando, disperati, credevamo di non farcela e dal cielo è arrivato qualcosa, una forza, un amore, un amico, una musica …un salmo.

Improvvisi squarci si sono aperti a ricordarci che non viviamo da soli, chiusi nel cerchio tragico dei nostri problemi, ma che c'è un amore che assedia i confini della storia.

 

Se sono sopravissuto, se non sono diventato io stesso un deserto, terra spenta e inospitale, lo devo a un amore, ad un affetto, ad un perdono, ad una tenerezza, ad un abbraccio.

Lo devo ad un Altro, che attraverso segni concreti (il pane del vangelo e il pane dell’eucaristia) mi dice il suo amore e la sua fedeltà, nelle piccole fedeltà dell’amore umano.

Il vangelo mi dice che io vivo di Dio.

Ricordare è dialogare con la mia storia, rimanere con la mia sorgente.

Allora in ogni messa, con in mano quel piccolo pane, con nel cuore un ricordo vivo, dialogare senza fine, come Israele di fronte alla manna: man hu? Che cos'è?

 

È Dio in cerca della mia fame e della mia sete.

Che cos'è? È Gesù Cristo, fame d'altro per chi è sazio di solo pane.

Che cos'è? È Lui che vive donandosi, a me, che vivo di affetti e passioni d’amore.

 

Non è affatto fuori luogo, oggi soffermare la nostra attenzione sull'importanza del pane, quello concreto che si mangia quando si ha fame, elemento di alimentazione primaria, e proprio per quanto detto prima soffermarci sulla necessità quanto mai urgente che il pane venga garantito a tutti gli uomini.

Mentre infatti noi in quest’Europa, opulenta e forte delle sue sicurezze materiali, confondiamo l'utile con il superfluo, numerosissime popolazioni dell'Africa e dell'America Latina e Asia si vedono costrette ad assistere alla morte di tanti uomini, donne e bambini a causa della carenza di cibo e di acqua.

 

Ma neppure tra noi le cose si possono dare per scontate: non ci rendiamo neppure conto di tutti gli stati di malessere causati dall'assenza di cibo che passano inosservati perfino nel nostro paese o quartiere.

 

Vivere l’Eucaristia con autenticità significa pure impegnarsi a ristabilire un senso di giustizia che garantisca la ripartizione dei beni a ciascuno secondo il bisogno, e questo specialmente quando si tratta di soddisfare in modo determinante le esigenze primarie di sopravvivenza, affinché a nessuno venga a mancare almeno il pane e il lavoro.

 

E’ vero, non viviamo solo di cibo e lavoro abbiamo detto all’inizio, ma se la ricerca più profonda dell’amore e della vita piena, la ricerca della felicità senza fine, non ci farà incontrare chi soffre e manca di dignità, significa che stiamo ancora vagando, sperduti nel deserto, preoccupati solo dei nostri serpenti velenosi e degli scorpioni, accecati dalle sole nostre paure.

…e questa non è vita, almeno quella che Dio pensa per noi.