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+ Dal Vangelo secondo Matteo             21,18-32

 

In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Dicono: “L’ultimo”.
E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”.

Le parabole provocano a pensare.

Portano la persona a coinvolgersi nella storia e a riflettere su se stessa a partire dalla propria esperienza di vita e a confrontarla con Dio.

La parabola fa sì che la nostra esperienza ci porti a scoprire che Dio è presente nella quotidianità della nostra vita. E’ una forma partecipativa di insegnare, di educare.

Non dà tutto già in piccoli pezzi. Non fa sapere, ma sollecita a scoprire.

La parabola cambia gli occhi, fa diventare contemplativa la persona, scrutatrice della realtà.

Qui sta la novità dell'insegnamento delle parabole di Gesù, la vita, non la dottrina, è il cuore del suo messaggio, …a differenza dei “dottori” del tempo che insegnavano che Dio si manifestava solo nell'osservanza della legge.

Per Gesù, "Il Regno di Dio non è frutto di osservanza. Il Regno di Dio è in mezzo a voi!" (Lc 17, 21). La vita quindi, accolta e meditata, è il luogo d’incontro con Dio.

 

Che ve ne pare? La domanda è provocatoria. Gesù chiede agli uditori (sommi sacerdoti e gli anziani del popolo) di fare attenzione e di dare una risposta.

Quale dei due ha fatto la volontà del padre? Con questa frase Gesù termina la parabola esplicitando la domanda iniziale.

La risposta dei sacerdoti e degli anziani viene subito: “Il secondo!”

 

La risposta giunge rapidamente, si tratta di una situazione familiare ben nota ed evidente, vissuta da loro stessi nella propria famiglia e, molto probabilmente, praticata da tutti loro (e anche tutti noi) quando erano giovani.

Così, nella realtà, la risposta era un giudizio non sopra i due figli della parabola, ma anche sopra loro stessi. Rispondendo “il secondo”, essi davano un giudizio sopra i loro stessi atteggiamenti. Poiché, in passato, tante volte avevano detto al padre: "Non ci vado!", ma poi sotto la pressione dell'ambiente o del rimorso finivano per fare quello che il padre chiedeva.

 

Nella risposta essi si mostrano come se fossero figli obbedienti.

E forse anche noi ci sentiamo così.

 

E abbiamo la percezione che esattamente in questo consiste la funzione o "il tranello" della parabola: portarci a sentirci coinvolti nella storia, perché, usando come criterio la nostra propria esperienza di vita, facciamo un giudizio di valore di fronte alla storia raccontata nella parabola.

E’ quello che già nelle domeniche scorse è successo con le parabole del “re che condona” e degli “operai dell’ultima ora”.

 

In verità vi dico che pubblicani e prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio!

Usando come chiave la risposta data dagli stessi sacerdoti e anziani, Gesù applica la parabola all’atteggiamento peccaminoso dei suoi uditori di fronte al messaggio di Giovanni Battista.

La risposta che avevano dato diventa la sentenza della loro stessa condanna:

I pubblicani e le prostitute sono quelli che, inizialmente, avevano detto no al padre e che, in seguito, avevano finito per fare la volontà del Padre, perché avevano ricevuto e accettato il messaggio di Giovanni Battista, come proveniente da Dio.

Mentre loro, i sacerdoti e gli anziani, sono quelli che, inizialmente, avevano detto si al padre, ma non avevano fatto quello che il padre chiedeva, perché non vollero accettare il messaggio di Giovanni Battista, neppure davanti a tanta gente che lo accettava come messaggero di Dio.

 

Così, per mezzo della parabola, Gesù inverte tutto: quelli che erano considerati trasgressori della Legge e condannati per questo, erano in verità quelli che avevano obbedito a Dio e tentavano di percorrere il cammino della giustizia; mentre quelli che si consideravano obbedienti alla legge di Dio, erano in verità quelli che disobbedivano a Dio.

Il motivo di questo giudizio così severo da parte di Gesù sta nel fatto che le autorità religiose, sacerdoti e anziani, non volevano credere che Giovanni Battista fosse venuto da parte di Dio.

I pubblicani e le prostitute, invece, l'avevano creduto.

E questo significa che per Gesù lo sguardo contemplativo (la capacità di riconoscere la presenza attiva di Dio nelle persone e nelle cose della vita) non c'era nei sacerdoti e nemmeno nei capi, ma nelle persone che erano disprezzate come peccatori e impuri.

Si può capire perché queste autorità decisero di prendere e uccidere Gesù, infatti "ascoltando queste parabole, capirono che era di loro che Gesù parlava" (Mt 21, 45-46).

 

E ci rendiamo conto che tali parole non sono solo per gli ascoltatori del tempo ma valgono anche per noi, chi volesse applicare questa parabola oggi, provocherebbe, probabilmente, la stessa rabbia che Gesù provocò con la sua conclusione.

Oggi succede lo stesso, non è forse davanti ai nostri occhi?

Prostitute, peccatori, poveri, ignoranti, donne, bambini, laici, laiche, operai, “extracomunitari”,  indios, negri, carcerati, omosessuali, portatori di aids, ubriachi, drogati, divorziati, sacerdoti sposati, eretici, atei, operaie, ragazze madri, disoccupati, analfabeti, malati, cioè tutte le categorie delle persone che sono di solito emarginate, come non facenti parte del circuito religioso, queste persone, tante volte, hanno uno sguardo più attento per percepire il cammino della giustizia di quanto non riusciamo ad averlo noi che viviamo tutto il giorno nella chiesa e facciamo parte (o desideriamo l’approvazione) della gerarchia religiosa.

Per il fatto che una persona appartiene a una gerarchia religiosa o al circuito dei “buoni fedeli”  non per questo possiede lo sguardo puro che permette di percepire le cose di Dio nella vita, la sua presenza nelle pieghe dell’umanità.

 

Quindi: Chi dei due figli ha compiuto la volontà del padre?

L'alternativa reale si consuma non in rapporto alle parole dette al padre, ma in rapporto alla vigna.

Volontà del padre non è tanto l'ubbidienza, quanto la vigna da coltivare e da custodire.

Un uomo aveva due figli.

E si potrebbe dire: un uomo aveva due cuori.

Perché quei due figli sono il nostro cuore diviso, un cuore che dice sì e che dice no, un cuore che dice e poi si contraddice.

Come san Paolo anche noi constatiamo che «io faccio quello che non vorrei e il bene che pure vorrei fare non riesco a farlo».

 

Spesso le nostre giornate sono il Vangelo delle nostre contraddizioni.

 

Ma volontà del padre non è essere ubbidito, ma trasformare una porzione di selva in vigna, i rovi in viti, il disboscamento in vendemmia.

Vendemmia, nostalgia di vino buono che riscalda e rasserena, presagio dell’allegria che nasce dalla compagnia di affetti cari.

 

L'alternativa ultima è tra una vita inutile (osservante di modalità esteriori, di facciata) e sterile e una vita fruttuosa di opere buone, di gesti che parlano di compassione e di condivisione.

 

Una vita rafforzata dalla morale non del divieto ma della fecondità: del seme che diventa albero, della prostituta che ridiventa donna, del cuore che si riconcilia, del “perso” che non si stanca di camminare, del peccatore che non si chiude nel proprio male.

Volontà di Dio è tutto ciò che costruisce l'uomo in pienezza.

Sua legge è tutto ciò che costituisce l'uomo in umanità.

E fa fiorire la vigna della storia.

Se agisci così fai vivere te stesso, dice Ezechiele. (1^lettura)

 

E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.