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+ Dal Vangelo secondo Matteo

 

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”.
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.

Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

La messe è molta. Che fortuna, tutti parlano di crisi, non c’è lavoro, non si lavora come prima…

Che disastro se ci fosse un esubero di lavoratori e poco da fare, che frustrazione,…

Io invece credevo che i campi della vita fossero aridi e i tempi cattivi. Io avrei detto: c'è tanto da arare e da faticare; per raccogliere, alla fine, basta chiunque. C'è troppo sudore da mescolare alla semente, una rete da gettare per tutta la notte, e forse per non prendere nulla, come Pietro sul lago. Invece Gesù ci sorprende: il raccolto è abbondante. E ci fa capire che la campagna è sua, la semente la mette lui, il mondo lo fa crescere lui. C'è tanto da raccogliere perché il terreno è buono; la storia sale, positiva, verso un'estate profumata di frutti e non verso un deserto sanguinoso. Dall'alto Qualcuno guarda e vede che il mondo è ancora cosa buona, come  all'origine; ha fede ancora nella bontà dell'uomo, perfino nella mia. Ogni cuore è una zolla di terra seminata di germi divini: un mistero passa tra il cuore del singolo e Dio, sul quale io, raccoglitore e pastore, non intervengo, ma ammiro e ringrazio. Raccoglitori cerca il Signore, perché la fatica più grande l'ha già fatta qualcun altro, Colui che ancora esce a seminare su rovi e sassi, su strade e buon terreno, a piene mani, a pieno cuore. 

Ma chi ammasserà i raccolti della pace, della giustizia, della fiducia, della gioia?

Sono i discepoli che si convertono in apostoli. Anche tu sei chiamato ad aggiungere il tuo nome all'elenco dei dodici, ognuno è il tredicesimo apostolo, ognuno scrive il suo quinto vangelo, riceve la stessa missione dei dodici: annunciate che il regno di Dio è vicino.

Dite: Dio è vicino; Dio è con voi, con amore.

È Lui, il pastore buono che porta le tue insicurezze. Non esiste alcuna scuola che insegni a diventare apostoli, perché non sono le parole, per quanto belle, che contano, ma quanta convinzione, quanta passione e stupore contengono.

Come farai a testimoniare che Dio è vicino, se tu per primo non lo senti?

Dio non si dimostra, si mostra: con i gesti della pietà e della compassione: guarite, risuscitate, sanate, date... L'inviato è povero: un bastone per appoggiarvi la stanchezza, i sandali per andare e ancora andare. Non ha borsa né danaro, ma ha la pace che illumina gli occhi e la forza che regge le mani; ha delle ali d'aquila, dice la prima lettura; un supplemento d'ali, una strada verso il cielo, e una parola capace di rapire il cuore.

Ognuno, come Cristo, è crocevia di finito e d'infinito, di piedi impolverati e di ali d'aquila. La duplice missione del discepolo è: esistere per Dio, per guarire la vita. O almeno per prenderci cura, se di guarire non siamo capaci, di greggi e di messi, di dolori e di ali, di un mondo barbaro e magnifico.

 

Paradosso di Dio: all'umanità ferita e fragile che necessita di una guida, propone un pezzo di umanità, altrettanto fragile e ferita, trasfigurata dall'Amore. Vi svelo un segreto: io amo la Chiesa. Amo questo pazzesco sogno di Dio che sono chiamato a vivere; capiamoci: non quello sgorbio di chiesa troppe volte dipinto dai mezzi di informazione e coltivato dalle nostre tiepide appartenenze. No: la Chiesa comunità di perdonati, non di perfetti, di diversi che cercano l'Uno, di compagni di viaggio chiamati a rendere presente il Pastore nei loro gesti continuamente da riformare, sempre da convertire

 

Vero: fatichiamo a trovare la felicità, fatichiamo a capire cosa veramente ci possa saziare e sfamare, come pecore senza pastore diventiamo preda del venditore di turno.

Sì amici, questo nostro delirante tempo la felicità ce la vende a caro prezzo e noi, spaesati, finiamo col seguire l'idea più seducente, più luccicante, che sembra appagare quel bisogno profondo di bene e di vero che alberga nel nostro cuore.

Non era questo il progetto di Dio quando ci aveva donato la libertà, caratteristica unica che svela a noi stessi la nostra dignità e che, troppe volte, è diventato dono difficle da gestire, superiore alle nostre forze che volentieri cediamo all'incantatore di turno.

 

"Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date": in questa frase si riassume tutto il senso della missione degli apostoli, e della missione della Chiesa. Qui capiamo anche pienamente perché la preghiera precede sempre la partenza. Gesù ci invita a donare quello che abbiamo ricevuto. Il dono della fede. Il dono di essere parte del Regno. Il dono di essere discepoli. Il discepolo non dà quello che ha o che crede di avere. Dà quello che gli è stato regalato, e non gli appartiene. Questo dovrebbe sottrarlo dall'orgoglio del donare, dall'egoismo del dono, che cerca gratificazione, riconoscimento, autocompiacimento. C'è chi da per farsi vedere; e chi dà senza farsi vedere, ma solo per la propria soddisfazione personale. Nulla di male, in verità. Ma la qualità del dono che Gesù ci chiede è diversa. Non diamo del nostro, e non vogliamo nulla in cambio. Ma non siamo indifferenti alla risposta. Perché ciò che diamo è il Regno di Dio, la possibilità di farne parte, la libertà di prendere posizione davanti alla persona di Gesù.

E il dono diventa pieno solo quando, insieme, ci scopriamo suoi discepoli.