Martedì 9 Dicembre Teatro TONIOLO Mestre
Sul giornale che tengo piegato sulle ginocchia parlano
di storia imparata attraverso il rock; potrebbe sembrare esagerato e
troppo gratificante per l’autore e per il gruppo, ma chi ha visto *Are
Times A-Changin’*, spettacolo teatrale in scena nella freddissima sera
del 9 dicembre 2008 al Teatro Toniolo di Mestre, può sicuramente
testimoniare che sia proprio così.
E senza che ciò debba necessariamente suonare troppo meritorio per chi
lo stesso spettacolo ha concepito ed esegue.
*Un racconto rock di Gio’ Alajmo, (apprezzato
giornalista e redattore del Gazzettino) dice la locandina, *sull’America
dopo la bomba atomica, tra Elvis, Dylan e Woodstock*.
Si potrebbe pensare a quelle cose alla Roddy Doyle (The Commitments) o
Nick Hornby che tanto stan diventando alla moda anche da noi, come
testimonia anche la recente uscita di *Dylan Revisited*, raccolta di
racconti di autori italiani ispirati dalla vita del menestrello di
Duluth.
Insomma, roba più bella da raccontarsi che non da leggere e, quindi,
temo di dovermi preparare ad una cosa forse datata e magari noiosetta.
Invece appena si spengono le luci il fragore della bomba atomica mi fa
pensare che forse sarà più rock che teatro; e per la mia formazione
culturale e’ meglio così.
Una voce fuori campo recita una triste profezia di Dylan, poi entra
Vasco Mirandola e comincia un vero e proprio barnum culturale fatto di
battute, riflessioni serie e commenti didascalici tesi ad orientare il
pubblico.
E poi la band; teoricamente i ragazzi (termine fuori
luogo, data una media età over 40) giocano il ruolo di supporto alle
immagini ed al racconto che si dipana tra il 1943, nascita di Jack, il
protagonista della storia, fino al 1972, quando muore in Vietnam il
sogno americano; ma all’atto pratico formano invece la spina dorsale
dello spettacolo; non fosse altro per la inevitabile sensazione di
densità sonora di cui il teatro si riempie quando entrano in scena.
Dunque Vasco Mirandola racconta, l’altro attore in
scena (Rocco Guadagno) spiega dietro ad un leggio, come fosse una voce
fuori campo, ed i maturi ragazzi che si chiamano Mr.Antondjango’s Band
cantano le canzoni che hanno cambiato il mondo. (forse)
Ed un paio di orette scarse passano tra scossoni elettrici, riflessioni,
battute ora feroci, ora allegre, ora amare ma sempre misurate; e si ha
la sensazione, come diceva appunto il giornale che tengo sulle
ginocchia, di assistere ad una lezione di storia raccontata con immagini
e parole, senza alcuna scolasticità.
La band rischia di tracimare; a volte non riesce a
tenere il passo teatrale; il frontman Antonio Nardo e’ carismatico,
pacato nelle esecuzioni canore ma riempie bene il palco.
La seconda chitarra, spesso alla voce (Giuseppe Gazerro) e il bassista
(Luca Frasson), pur senza strafare tradiscono voglie di palcoscenici
meno compassati, confermate dal sound della solista (Walter Pegoraro) e
della batteria di Lorenzo Maritan, anch’esse di chiara matrice classic
rock.
A volte il gruppo sembra uscire dal copione e cercare uno spazio proprio
come ad un concerto, ma il tutto scorre bene ed alla fine si fa fatica a
dire se si sia stati ad un concerto, ad un lavoro teatrale o ad un
musical.
Ecco, forse in questo sta, al tempo stesso, la miglior
dote ed il più evidente limite di questo *Are Times A-Changin’*: non
pare in grado di muoversi ancora compatto senza che le varie azioni
sceniche vadano a volte a cozzare tra di loro; ma proprio per questo il
pubblico può tranquillamente navigare veloce e divertito, senza i cali
di tensione che troppo spesso rischia il teatro ma contemporaneamente
senza quelle esagerazioni sia sonore che estetiche di cui troppo spesso
soffre il rock.
Da mettere a punto ma sicuramente da andare a vedere.
Laura Maccarone
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